(ASI) C’è nel condono fiscale - o come diavolo si vuole chiamare - concepito da Matteo Salvini, con l’avallo di Luigi Di Maio, qualcosa di strano, incomprensibile, che, di primo acchito, non mi sembra affatto, se ho ben capito, un’agevolazione.

Mi riferisco, in particolare - leggo sul Corriere della Sera - a quella possibilità di “cancellare le mini cartelle relative al 2000-2010 di importo fino a mille euro, e alla definizione agevolata delle controversie tributarie, anche in questo caso con lo “sconto”: in caso di vittoria in primo grado la partita si può chiudere pagando il 50 % della pretesa, in secondo grado basta il 20 %”. Chiudere la controversia con il Fisco, pagando, quando si è ad un passo (specialmente se si è in secondo grado) dall’aver dimostrato, dopo laboriose schermaglie (pietoso eufemismo) con le Commissioni tributarie, di avere ragione e, quindi, con la possibilità assai concreta, non solo di non dover pagare niente, ma di avere diritto al rimborso delle spese di giudizio o, addirittura, nei casi previsti, il risarcimento dei danni, non mi sembra affatto (per il contribuente, s’intende) una cosa saggia e conveniente, ma, piuttosto, una proposta ingannevole, sleale e ingiusta. Semmai, al contribuente, potrebbe interessare chiudere subito la controversia se l’esito dei ricorsi fosse a lui sfavorevole: allora in primo grado potrebbe pagare, e fare pace con il Fisco, il 20 %, mentre, in caso di soccombenza anche in secondo grado, il 50 % di quanto dovuto. Il guaio è che la questione, posta in questi termini, sarebbe equa, ragionevole e conveniente. Quindi… è inutile sperare.

Fortunato Vinci – Agenzia Stampa Italia

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