(ASI) - Momento importante anche se non decisivo, per la riforma sulla giustizia italiana. Oggi pomeriggio infatti alle 16:30 il Senato approverà in seconda seduta il DDL Meloni-Nordio sulla separazione delle carriere della Magistratura italiana.
Questa seconda lettura confermerà definitivamente il testo della proposta, che ha già superato la prima lettura alla Camera dei deputati a gennaio. Successivamente, prima dell’inverno, ci saranno due ulteriori letture alle due camere del Parlamento, prima di arrivare al referendum previsto per la prossima primavera.
In Italia attualmente, i magistrati si distinguono come pubblici ministeri PM e giudici. Entrambe le tipologie appartengono allo stesso ordine. Il PM si occupa di rappresentare lo Stato nei vari processi, vestendo la toga dell’accusa e conducendo le indagini preliminari. I giudici invece sono soggetti imparziali che sentenziano sull’innocenza o la colpevolezza dell’indagato. Entrambi i magistrati hanno lo stesso percorso formativo e nel corso della carriera, possono cambiare il loro ruolo, seppur con delle limitazioni. Con la riforma della separazione delle carriere, il Governo intende imprimere una distinzione netta tra i ruoli ed evitare sostanzialmente commistioni. Per l’accesso ai due ruoli infatti sarà necessario partecipare a due concorsi pubblici distinti. In quest’ottica saranno creati due ordini professionali e due Consigli superiori della magistratura. In ultimo sarà creato un ulteriore organo autonomo di garanzia, denominato Alta corte disciplinare.
Le polemiche dell’opposizione sono sempre più a toni elevati, in quanto la paura principale è quella che la distinzione delle due carriere, possa generare una sorta di rottura della magistratura, come ordine autonomo, coeso e indipendente. L’altra grande preoccupazione è che i PM una volta separati dall’ordine unico, possano essere più vulnerabili alle pressioni politiche e gerarchiche, in quanto non più “protetti” dagli equilibri interni della magistratura ordinaria. L’opposizione mostra anche dubbi in merito a nomine politiche sui membri dei due Consigli, mettendo così a rischio l’indipendenza dell’organo, garantito dall’art. 104 della Costituzione italiana. La paura è quella di esporre il fianco della magistratura a pressioni politiche importanti, che siano in grado di strumentalizzarla e renderla inefficace verso i poteri forti della politica. La maggioranza risponde alle critiche con la stessa medaglia: secondo il centrodestra infatti, negli ultimi decenni infatti la magistratura avrebbe invece assunto un ruolo troppo “politico” non previsto dalla Costituzione, per questo la separazione delle carriere serve a garantire un equilibrio assolutamente imparziale, dove chi giudica è sempre terzo rispetto a chi accusa. I due CSM infatti, garantiranno l’effettiva autonomia e indipendenza interna delle due funzioni. La maggioranza rivendica la riforma come un atto di modernizzazione del sistema giudiziario, volto a rafforzare lo Stato di diritto, e respinge al mittente le accuse di voler controllare o intimidire la magistratura.
Carlo Armanni - Agenzia Stampa Italia


