(ASI) Il 14 maggio 1948 nacque ufficialmente lo Stato indipendente di Israele. Meno di 24 ore più tardi gli eserciti regolari di Egitto, Giordania, Siria, Libano e Iraq invadevano il Paese costringendo il popolo di Israele a difendere la sovranità appena riconquistata della sua antica patria.
La prima delle guerre arabo-israeliane durò 15 mesi e l’esercito israeliano appena formato e male equipaggiato respinse gli invasori, con il supporto della sua popolazione più o meno addestrata e pronta a combattere. Questi furono i primi giorni vissuti dal Popolo Ebraico nel nuovo Stato di Israele.
Israele era condannato a morte e la sentenza l’avevano pronunciata i Paesi confinanti.
Dalla sua nascita come Stato indipendente, patria per tutti gli ebrei della diaspora, il popolo di Israele è stato costretto continuamente a difendere il suo diritto all’esistenza, dai continui attacchi terroristici alla popolazione, sugli autobus, nelle università, nelle sinagoghe, e dalle guerre, che si sono succedute, che Israele ha regolarmente vinto, attraverso cui gli Stati Arabi miravano alla sua cancellazione dalla geografia del Medio Oriente. Cancellare Israele significava arginare gli ebrei nella loro essenza.
L’Iran da 50 anni ha armato, finanziato e addestrato tutte le formazioni terroristiche, compresi i ribelli Houthi dello Yemen.
L’Iran ha un esercito di soldati bambini. Hamas e la jihad islamica palestinese che operano in Cisgiordania e a Gaza hanno orchestrato e perpetrato il massacro del 7 ottobre, sempre finanziato dal regime iraniano.
Hamas ha assassinato e trucidato a sangue freddo neonati, bambini, anziani, donne e uomini innocenti, ha decapitato, stuprato, strangolato bambini a mani nude dopo mesi di sofferenze e segregazione, ha bruciato vivi anziani, che avevano visto morire i propri figli, il tutto accompagnato da un comune grido “a more i porci ebrei”.
La risposta di Israele non è proporzionata? Quale sarebbe una risposta proporzionata ad un continuo imperituro attacco alla propria incolumità?
Un’indagine approfondita del New York Times rivela che le tattiche di combattimento di Hamas nella striscia di Gaza, si basano sull’uso della popolazione civile come scudi umani, sullo sfruttamento sistematico a scopi militari di civili e infrastrutture civili.
Hamas nasconde terroristi e depositi di armi e munizioni dentro edifici residenziali, ospedali, scuole e moschee, frequentate dalla popolazione, abolendo intenzionalmente il confine tra combattenti e popolazione civile, bambini compresi, anzi più sono i bambini più l’effetto è raggiunto.
I terroristi in abiti civili sparano contro i soldati e lanciano razzi da aree abitate dalla popolazione. Questa strategia mira a prolungare i combattimenti, ad accrescere le indiscriminate critiche internazionali verso Israele, ma i terroristi sono totalmente incuranti dei danni e delle sofferenze inferte ai civili palestinesi, a loro volta totalmente soggiogati, addestrati in favore di telecamere, basti pensare agli insulti e al vilipendio di cui sono stati fatti oggetto i cadaveri degli ostaggi israeliani restituiti alle famiglie, da parte della popolazione palestinese festante, erotizzata dal pensiero dello sterminio di tutti gli ebrei.
Israele non fa la guerra, Israele difende il suo diritto ad esistere, lo fa oggi come lo ha sempre fatto. Israele fa il lavoro sporco, a difesa della sua democrazia, per preservare se stesso e di conseguenza la nostra civiltà dal pericolo di un terrorismo islamista ormai infiltrato in modo capillare nella nostra società e le masse ignoranti in Italia e in Europa, che ormai sempre più spesso raccolgono proseliti inconsapevoli, bruciano la sua bandiera, declamano slogan antisraeliani e facendo finta di essere contro il governo Netanyahu, diffondono un credo profondamente antisemita. Essere nel 2025 contro Israele significa essere contro gli ebrei, negare questo è tipico di chi è in malafede.
Le nuove generazioni che nulla sanno e rispondono pecorecce a slogan precostituiti portano in trionfo assieme la bandiera palestinese, quella iraniana e quella dei gay, LGBTQ+, senza sapere, stolti, che nei paesi arabi, in Iran soprattutto, agli omosessuali tagliano la testa. In Israele invece sono liberi di vivere la loro vita, Tel Aviv è da anni capitale mondiale di numerose iniziative come Pride e manifestazioni di libera espressione.
Così dichiara in una nota Anna Scarafoni, Consigliere regionale del Trentino Alto Adige e Capogruppo in Consiglio provinciale a Bolzano di Fratelli d’Italia


