(ASI) - Con la nuova manovra, il governo vorrebbe tassare i giganti del Web, da Google ad Amazon fino a Facebook, multinazionali che producono utili miliardari e pagano delle imposte minime.

 

Finora hanno sempre scampato il pericolo, grazie alla protezione delle rispettive lobby. In Italia, il tentativo dei precedenti governi di tassare i colossi della rete è fallito ma Confesercenti è appena tornata all’attacco: "L’evasione si combatte facendo pagare i giganti del web", ha detto la presidente Patrizia De Luise.

Al ministero dell’Economia hanno deciso di copiare la ‘Gafe Tax’ dei francesi. Dal 2020 dovrebbe scattare anche in Italia un’imposta del 3% sui ricavi delle imprese digitali con fatturati superiori ai 750 milioni o con un valore della prestazioni di servizi digitali superiori ai 5,5 milioni. L’obiettivo è di far arrivare nelle casse dell’erario non meno di 600 milioni di euro. Le grandi aziende del web sono ‘apolidi’, vendono bit e prodotti immateriali che abbattono le barriere del tempo e dello spazio. Così diventa facile per loro aggirare il principio della ‘stabile organizzazione’, la norma cardine che consente di tassare le multinazionali dell’old economy.

La scorsa settimana è toccato all’Ocse presentare una proposta di compromesso, cercando di cambiare le regole su chi ha il diritto di tassare i profitti: non più il Paese dove la multinazionale sceglie di dichiararli ma dove si trovano gli utenti consumatori. Il piano è arrivato sul tavolo del G20 e anche a Bruxelles si sta muovendo qualcosa, tanto che è stata addirittura varata una vera e propria direttiva sulla ‘Web Tax’.

 

 

Claudia Piagnani - Agenzia Stampa Italia

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