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Indignati, in migliaia a Tel Aviv: i manifestanti sono tornati in piazza.

(ASI) Migliaia di israeliani si sono radunati nel centro di Tel Aviv per denunciare il carovita e le ineguaglianze sociali. I manifestanti, che intendono rilanciare il movimento di contestazione dell'estate scorsa, il più importante della storia di Israele, innalzavano cartelli con scritto “ il popolo esige la giustizia sociale” e “noi vogliamo la giustizia sociale, non la carità”.  Fonte: Mediaset – Rete 4 – Agenzia delle ore 00:41, 13.5.2012

Commento. Se fenomeni come questo si registrano quasi quotidianamente un po' dovunque e, perciò, non fanno più notizia, ora le cose stanno diversamente. Considerato il progressivo accentuarsi della campagna propagandistica del Governo israeliano sull'opinione pubblica del Paese contro il “pericolo iraniano”, gli osservatori si sarebbero aspettati infatti una manifestazione di popolo sotto il segno del patriottismo e della eterna “sacra unione” di Israele contro il Nemico. La folla scesa in piazza a Tel Aviv dimostra invece di essere preoccupata più della crisi economica, figlia del sistema ultraliberista che “non fa prigionieri”, piuttosto che di Hezbollah “che fa prigionieri” o delle esternazioni e minacce verbali dei dirigenti iraniani. Si assiste quindi, da parte della popolazione israeliana (con in testa i giovani), a un'inedita quanto drammatica presa di coscienza dei veri problemi, che attendono soluzione e improcrastinabili risposte. Essi si chiamano: scarsa produttività, alto tasso di disoccupazione, crescente divario tra ebrei ricchi ed ebrei poveri; e – anomalia tutta speciale – un'abnorme distrazione di risorse finanziarie dalla spesa sociale a quella militare, per il mantenimento di un elefantiaco apparato e di una macchina bellica, che le giovani generazioni giudicano sempre più lontana dalle proprie aspirazioni di pace e di convivenza con i vicini medio-orientali. In prospettiva, dunque, essi chiedono a gran voce più benessere, meno tasse, meno finanza predatrice, più Stato sociale e meno Stato teocratico-militaresco. Con buona pace del presidente Nethanyau e dei suoi.

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