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Medicina letale. Come gli intellettuali italiani vorrebbero riformare la politica

(ASI) Questo paese ha bisogno di eroi. Quando Roberto Saviano ha fatto la sua comparsa in scena davanti al pubblico, è stato accolto lunedì sera a Milano con un applauso. Lo scrittore minacciato dalla camorra rappresenta come nessun altro l'Italia pulita, non corrotta, che cerca di distogliere lo sguardo dagli stratagemmi dei partiti politici con dignità.


Attualmente, egli si sta occupando di una legge anti – corruzione, che dovrebbe tra l'altro, estendere i termini di prescrizione ed aumentare le sanzioni. Una nuova Italia, per Saviano al Teatro Smeraldo, non può che sorgere dalla lotta costante alla corruzione e alla mafia.

Roberto Saviano ha accettato l'invito a Milano dell'Associazione “Libertà e Giustizia”, che è stata fondata circa dieci anni fa da intellettuali come il fisico Giovanni Bachelet, l'architetto Gae Aulenti, o gli scrittori Umberto Eco e Claudio Magris, per “arricchire la politica nazionale”. Si voleva “creare un legame, sinora mancante, tra i movimenti della società e l'arena politica”, come affermato nella Dichiarazione dei Principi adottata in una manifestazione del Novembre 2002 nel Piccolo Teatro.

Da allora “Libertà e Giustizia” (LeG) si è intromessa in diverse iniziative, come la difesa della costituzione, nei dibattiti pubblici. In tutto il Paese vi sono oggi circa 40 circoli attivi, intenti a risvegliare la coscienza politica, o impegnarsi in dei think – tank, senza comunque creare legami politici. Nel Teatro Smeraldo è stato presentato ora un manifesto di LeG, il quale, nella formula “Dissociarci per riconciliarci – dipende da noi”, richiede una nuova politicizzazione della società italiana, una riforma dei partiti e un rapporto disteso tra società civile e politica. In internet, in pochi giorni, si è già trovato sostegno di più di 35.000 persone.

In queste settimane in Italia si è riscontrato un clima politico molto più ricco. Mentre il Governo senza partiti cosiddetto “tecnico” sotto la guida di Mario Monti si adoperava per i problemi di carattere economico, le frazioni che de facto lo sostengono in una sorta di Grande Coalizione, si guardavano gelosamente. Il Partito di Berlusconi, il Pdl, e il Partito Democratico Pd, attendono, in vista delle elezioni comunali di primavera, ognuno gli errori dell'altro, potendosi cannibalizzare con la propaganda. Altre iniziative non ce ne sono, tranne quelle distruttive. Il Pdl vuole spingere – per motivi comprensibili – la legge anti – corruzione nel dimenticatoio. L'opinione pubblica percepisce attualmente i partiti con disgusto. Varie indagini demoscopiche indicano che i cittadini ritengono i partiti affidabili in percentuale tra il 4 all'8%. Mario Monti ha conferito al Paese un attimo di respiro. Ma come andrebbe a finire, quando più avanti, il prossimo anno, a fine legislatura saranno indette le elezioni? Con questi partiti, siano essi di destra o di sinistra, lo Stato è ancora da farsi.

Al Governo dei tecnici, così dal Manifesto di LeG, non ci sarebbe attualmente alcuna alternativa. Esso sarebbe una “medicina” contro la debolezza della politica, ma come ogni medicina, se somministrata per lunghi periodi, potrebbe diventare un veleno mortale. Decisioni tecniche avrebbero infine conseguenze politiche. Il precedente presidente della Corte Costituzionale, Gustavo Zagrebelsky, il quale ha preparato il manifesto, richiede perciò una rifondazione della politica “nel nostro stanco paese”. Questa dovrebbe riuscire attraverso una “decontaminazione” dai partiti. Oppure come ha formulato Umberto Eco: i partiti si sono presi una pausa, ora devono ritornare ad essere “ripuliti ed aperti ai cittadini”. Per questo motivo LeG parla di una nuova legge elettorale, per fisse regole democratiche per il funzionamento interno dei partiti e per la trasparenza dei loro finanziamenti. Ci si scrollerebbe di dosso, così secondo Saviano, il berlusconismo, che non solo sarebbe tollerato attraverso l'illegalità negli spazi pubblici, bensì anche incoraggiato.

Un mezzo circa la ricerca dei candidati sarebbero elezioni democratiche controllate (le primarie, n.d.t.), così come quelle provate nell'ambito del centro – sinistra. Così, in città come Cagliari o Milano, i candidati sindaco hanno vinto sia contro la nomenclatura della leadership del partito, sia le elezioni stesse. In maniera simile le cose si sono svolte a Genova.

Potrebbero già le città, le quali formano tradizionalmente la spina dorsale del Paese, avviare un processo di cambiamento politico dal basso? Il sindaco di Milano Giuliano Pisapia ha messo in guardia alla manifestazione del Teatro Smeraldo circa il possibile ritorno di Silvio Berlusconi. Il quale non ha affatto rinunciato, bensì lavora ad un “nuovo inizio”, basandosi sulla tradizionale memoria corta degli italiani.

Henning Klüver

Süddetusche Zeitung, pag. 14, 14.03.12 Tutti i diritti riservati – All rights rerserved.


Traduzione di Valentino Quintana per Agenzia Stampa Italia

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