Argentina, per risanare l’economia si punta sul dollaro soia

(ASI) Per rafforzare le riserve valutarie argentine della Banca centrale argentina (Bcra), il governo di Buenos Aires ha lanciato un programma di stimolo delle esportazioni di soia che in dieci giorni ha già fruttato vendite per 1,3 miliardi di dollari, permettendo di accumulare oltre 600 milioni di dollari in valuta.


Questo meccanismo, denominato 'dollaro soia', fissa fino al 31 dicembre il valore del biglietto verde a 230 pesos contro i 170 pesos della quotazione ufficiale con l'obiettivo di incentivare i produttori agricoli a vendere il raccolto piuttosto che stoccarlo in attesa di migliori condizioni di cambio. Grazie a questa svalutazione mimetizzata il governo dovrebbe raggiungere entro la fine dell'anno l'obiettivo di incamerare fino a tre miliardi di dollari extra dalle esportazioni e di ridurre fino al 2,5% il rapporto deficit/pil come prevede il rigido accordo siglato con il Fondo monetario internazionale (Fmi) per il rifinanziamento del debito di 45 miliardi di dollari contratto nel 2018.
In passato il governo del paese indiolatino aveva già avviato iniziative simili, tanto che l’Argentina ha il singolare record di avere oltre dieci diversi tipi di cambio riconosciuti ufficialmente, alcuni introdotti come misura di stimolo ma più spesso invece come deterrente. Tra questi ultimi il più singolare è stato il cosiddetto dollaro 'Coldplay', introdotto repentinamente il 12 ottobre alla luce dello strepitoso fatturato ottenuto dalla band inglese nella recente tappa argentina del World Sphere Tour.
La fuoriuscita dal Paese dei 35 milioni di dollari frutto dei 600 mila biglietti venduti per i dieci concerti consecutivi allo stadio Monumental di Buenos Aires ha infatti messo in allarme l'esecutivo che ha prontamente varato un decreto che impone una tassa del 30 per cento extra al tipo di cambio per le “attività ricreative e culturali organizzate nel Paese da non residenti”.
Il 13 luglio era stato varato il cosiddetto 'dolar turista', composto dal valore al tipo di cambio ufficiale più una tassa del 75% che si applica sugli acquisti fatti al di fuori dell'Argentina con carte di credito o debito nazionali. A questo si aggiungono poi i tipi di cambio non fissati dal governo e frutto invece della libera dinamica sia del mercato nero, dove regna il dollaro 'blu', sia dei mercati finanziari, dove è legale l'acquisto con pesos di titoli in dollari a un valore denominato 'Mep'; il valore di questo, che da settimane è sopra i 300 pesos, è quello a cui fa riferimento l'argentino medio, che compra e vende la divisa Usa per mettersi al riparo dalla svalutazione e da un tasso di inflazione che ha raggiunto il 100% annuo.


Fabrizio Di Ernesto - Agenzia Stampa Italia

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