(ASI) Il 4 novembre è diventata ufficiale la decisione di Trump di uscire dall’Accordo di Parigi. Già durante le elezioni del 2016 aveva annunciato che se fosse stato eletto avrebbe definitivamente abbandonato l’accordo e quattro anni dopo il momento fatidico è giunto.

 

L'Accordo di Parigi, ratificato il 5 ottobre del 2016, stabilisce un quadro generale per evitare pericolosi cambiamenti climatici e punta a rafforzare la capacità dei paesi di affrontare al meglio gli impatti dell'inquinamento atmosferico.

Il presidente americano aveva criticato le norme ambientaliste fin dalla campagna elettorale del 2016 sostenendo che erano penalizzanti per le aziende.

Secondo la maggior parte degli imprenditori americani, tutti elettori e sostenitori di Trump, l’accordo rappresentava infatti un grande ostacolo all’economia americana, ponendo dei grandi limiti alla produzione delle industrie pesanti.

Volendo assecondare gli americani, Trump ha basato la sua intera carriera sugli scambi commerciali abbandonando le azioni militari all’estero che l’ex presidente Obama aveva intrapreso ponendole al centro della sua presidenza nonostante entrassero in conflitto con i principi enunciati durante la campagna elettorale, principi che gli hanno fatto vincere il premio Nobel.  

Trump, rispettando la parola data ai suoi elettori, ha però distrutto le fragili condizioni di una sostenibilità ambientale che molto duramente stati di tutto il mondo avevano cercato di stipulare.

Quella di Trump è una svolta dalle gravi conseguenze che potrebbe spingere molti altri Paesi a seguire la stessa strada e abbandonare quegli impegni che promettevano presupposti di vita più tollerabili rispetto agli anni precedenti.

L’imprenditore americano ha però sottolineato che la sua uscita dall'accordo è stata la prima mossa verso una stipulazione di "un accordo sul clima più equo e giusto", che quindi non penalizzi la produzione americana.

Tommaso Maiorca per Agenzia Stampa Italia

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