Il viaggio in Asia di Trump ha rafforzato l'intesa con gli alleati Giappone e Corea del Sud e riavvicinato gli Usa alla Cina

trumpcina(ASI) Cina- Il leader nordcoreano Kim Jong-un è riuscito in un piccolo miracolo: ha avvicinato Donald Trump alla Cina. Dopo un’intera campagna elettorale passata a parlar bene di Putin e a identificare Pechino con il vero nemico, soprattutto commerciale, la minaccia comune ha invece accostato un po’ tutti.
In un tour iniziato alle Hawaii il 3 novembre, il presidente americano vuole visitare i Paesi chiave della crisi nucleare asiatica. L’unico obiettivo è proprio il regime di Pyongyang, fondato sulla corsa agli armamenti e sulla bomba atomica. Se la Russia rimane a guardare, Cina e Corea del Sud diventano i principali partner della Casa Bianca per distendere i toni e trovare un’intesa senza cedere ai capricci di Kim.

Il Tour – Giappone dal 5 al 7 novembre, Sud Corea dal 7 all’8, in Cina fino al 10 per poi chiudere con le visite in Vietnam e nelle Filippine. Trump non si lascia sfuggire nessuna opportunità per tentare una politica di contenimento della minaccia nucleare nordcoreana e avviare accordi economici con il presidente cinese Xi Jinping.
Cinque paesi in 12 giorni. Il viaggio sull’Air Force One riflette anche la posizione economica statunitense. Gli Usa hanno sempre un deficit con Pechino pari a 347 miliardi di dollari. La visita della Città Proibita per Trump e Melania insieme a Jinping e consorte ha portato una partnership commerciale di almeno 9 miliardi, con 19 accordi economici siglati dai due paesi. Un piccolo passo in avanti rispetto al gelo dei primi mesi di presidenza.

Il discorso di Seul – Era il momento più atteso di tutto il viaggio asiatico. Le parole davanti al parlamento sudcoreano sono state un chiaro avvertimento per Pyongyang: «Non ci devono sottovalutare, gli Stati Uniti non sono il Paese ideale per una provocazione. Il tempo per il “politicamente corretto” è finito. Spero di parlare a nome di tutti gli Stati civilizzati».
Trump ha poi invitato Russia e Cina a isolare il regime nordcoreano, rifiutando ogni forma di supporto, rifornimento e consenso. La nebbia dalla sua ha impedito alla delegazione Usa di visitare il 38esimo parallelo, su cui si era molto discusso.

Un anno di presidenza – È il vicepresidente Mike Pence a parlare attraverso un comunicato sul sito ufficiale della Casa Bianca: «Un anno di conquiste, risultati e azioni concrete. L’anno che ricorderemo come quello in cui l’America tornò grande». Ma per molti è stato anche un anno di rottura, proteste e forti contrasti.
Il Russiagate resta uno dei temi principali della cronaca politica nazionale, gli effetti del clima si sono fatti sentire in un’estate di cataclismi naturali e cicloni, la mancata certificazione dell’accordo nucleare dell’Iran rischia di generare nuove tensioni in Medio Oriente con il mondo Sciita.
Fbi, giornalisti e Obamacare restano i nemici di Trump, mentre il presidente, che dopo essere stato eletto avrebbe dovuto abbandonare Twitter, ha fatto del social network il suo più efficace ufficio stampa senza filtri.
La popolarità è scesa al 36%, mai così bassa per un presidente al primo anno di governo, ma meritevole di aver trovato un milione e mezzo di posti di lavoro in più. Il muro con il Messico e la lotta all’immigrazione clandestina (muslim ban su tutte) rimangono incompiute, almeno Trump ha ringraziato i cinesi per la loro ospitalità, quando solo dodici mesi prima li definiva la minaccia principale alla ricchezza della sua America. E ovviamente lo ha fatto con un tweet.

Lorenzo Nicolao – Agenzia Stampa Italia

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