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Stati Uniti. un’altra esecuzione capitale

(ASI) Cleve Foster, 48 anni, è morto martedì sera alle 18:43 ucciso da una iniezione letale nel carcere texano dove era rinchiuso dal 2004 accusato dell’omicidio di una donna di 30 anni conosciuta insieme ad un suo amico, il giorno di San Valentino.


Foster è il trentesimo detenuto del 2012 vittima della pena capitale in uno stato americano. Vittima due volte per le evidenti storture che hanno caratterizzato tutta la sua vicenda giudiziaria, con ben tre rinvii avvenuti all’ultimo minuto e la confessione del suo presunto complice che si era dichiarato invece unico colpevole. Sheldon Ward, anche lui condannato a morte per il brutale assassinio della trentenne Nyaner Mary Pal, poi deceduto in carcere per cause naturali, aveva confessato la propria colpevolezza sin dal momento dell’arresto e poi in diverse occasioni successive, scagionando così Foster che ha sempre urlato la sua innocenza.

Le sue grida disperate non hanno però commosso la Corte Suprema degli Stati Uniti che ha rigettato il quarto ricorso presentato dai suoi legali, senza tener conto delle evidenze incontrovertibili.

Mentre in Italia si è riaperto il dibattito sull’ergastolo ostativo che costringe centinaia di detenuti a finire in carcere i loro giorni senza possibilità di pene alternative e negandogli ogni possibilità di riabilitazione - come invece recita il dettato costituzionale- nel Paese campione di democrazia che esporta i suoi nobili valori a suon di bombe, continua questa pratica contaria alla moderna sensibilità della società e della convivenza civile.

La campagna elettorale tra Obama e Mitt Romney si gioca in questi giorni sui temi scottanti dell’economia che ancora una volta sembra rappresentare l’unico elemento discriminante tra i programmi dei due contendenti, appiattiti su di un cauto conformismo. Vincerà Obama. Per la debolezza del suo avversario. Avrà davanti a se altri cinque anni per mettere al sicuro l’economia nazionale, arginando i possibili rigurgiti delle crisi d’oltreoceano. Nel frattempo, speriamo dimostri più coerenza con quel modello di democrazia tanto celebrato nei suoi discorsi pubblici.

Si ricordi di chiudere il lager di Guantanamo. Di ritirare le truppe dall’Afghanistan, riconsegnando a quel Paese il sacrosanto diritto all’auto-determinazione. Di non stringere amicizie pericolose, al pari dei suoi predecessori, che poi si riveleranno personaggi scomodi, da eliminare prima con la propaganda e poi fisicamente con le crociate in nome della giustizia universale.

Smetta le vesti dell’ipocrita che censura la violazione dei diritti umani in casa altrui, mentre il massimo organo della giustizia domestica, nega a Cleve Foster il più fondamentale dei diritti umani.

 Fabrizio Torella - Agenzia Stampa Italia

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