(ASI) La Corte di Cassazione ha annullato il licenziamento di Stefano Puzzer, ex portuale triestino e figura simbolo delle proteste contro il Green Pass, riconoscendo l’illegittimità di una decisione che aveva sollevato forti dubbi sin dall’inizio. È una sentenza che non solo restituisce dignità a un lavoratore, ma riapre il dibattito su come siano stati gestiti i diritti fondamentali durante l’emergenza pandemica.
Puzzer era stato allontanato dall’Agenzia per il Lavoro Portuale di Trieste il 16 aprile 2022, con l’accusa di essersi rifiutato di esibire il Green Pass, pur essendone in possesso per guarigione da Covid. La sua scelta, coerente con la protesta che guidava, lo aveva reso “assente ingiustificato” per diversi giorni. Tuttavia, come ha chiarito la Cassazione, la normativa vigente all’epoca prevedeva la sospensione dal lavoro e dalla retribuzione, ma non autorizzava il licenziamento disciplinare.
La precedente sentenza della Corte d’Appello di Trieste aveva ignorato questo principio, punendo Puzzer in modo sproporzionato. Il verdetto della Cassazione, depositato l’11 settembre 2025, ha ristabilito un equilibrio giuridico e morale, affermando che il diritto alla conservazione del posto di lavoro non poteva essere violato per motivi ideologici o politici.
Puzzer, che nel frattempo ha lavorato come aiuto cuoco e custode in un campeggio, ha accolto la notizia con emozione: “La soddisfazione più grande è aver difeso i miei diritti fino in fondo. Spero che questo sia d’esempio per altri: non mollate mai”⁽¹⁾.
Ora la palla passa alla Corte d’Appello di Venezia, che dovrà pronunciarsi sul reintegro effettivo e sul risarcimento. Ma il messaggio è già chiaro: la giustizia, anche se lenta, può ancora correggere gli errori e restituire voce a chi ha avuto il coraggio di dissentire.
*Immagine generata da AI Microsoft copilot.


