(ASI) “Nonostante a L’Aquila siano stati effettuati numerosi interventi di recupero e di messa in sicurezza, camminando per le vie del centro storico si ha la percezione che ci sia ancora molto da fare.

Costatare che dopo 12 anni la Cattedrale di San Massimo in Piazza Duomo abbia un progetto ancora in fase di verifica con una cupola coperta solo parzialmente e affreschi, decori, pavimenti lasciati alle intemperie o che la Chiesa di Santa Maria Paganica, dichiarata monumento nazionale nel 1902, sia un cantiere immobile e pericolante è quantomeno molto triste. Per non parlare del caso di San Demetrio Ne’ Vestini, comune del cratere sismico con appena 2000 anime ma 13 chiese di rilevante importanza che è l’emblema dell’abbandono e dell’assenza di volontà reale.  La cosa che però più di tutte dispiace è l’ennesima occasione persa. Se è vero che non è possibile prevedere i terremoti o evitare le calamità naturali è altrettanto vero che ciò che sta accadendo a L’Aquila dal 2009 merita di essere preso maggiormente in considerazione dalla comunità politica e scientifica nazionale e internazionale. Imparando dagli errori e dai successi di questi anni di cantiere aperto, anche le prossime eventuali emergenze potrebbero trarne benefici. Il nostro Paese è un museo a cielo aperto, se non possiamo combattere la natura abbiamo almeno il dovere di mettere a frutto le esperienze.” Lo dichiara lo storico Daniele Radini Tedeschi in occasione dell’anniversario del terremoto che ha colpito L’Aquila nel 2009 

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