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(ASI) Dopo 12 anni da quella che è stata definita da Amnesty International “la più grave sospensione dei diritti democratici in un Paese occidentale dalla Seconda guerra mondiale”, arriva il 31 dicembre l’arresto dei tre poliziotti più alti in grado a Genova  al momento della mattanza messicana avvenuta nella scuola Diaz durante le giornate del G8 del 2001.

I poliziotti Spartaco Mortola, Giovanni Luperi e Francesco Gratteri che ai tempi  dei fatti ricoprivano incarichi importanti ( il primo Capo della Digos genovese, il secondo ex dirigente dell’Unigos e il terzo era il numero tre della Polizia italiana), dopo che gli è stata rifiutata la richiesta di essere sottoposti ai servizi sociali, sono stati messi agli arresti domiciliari dal Tribunale di Sorveglianza per un periodo rispettivamente di 8 mesi, 1 anno e 1 anno.

Agnoletto ha recentemente dichiarato che “negli ultimi anni del processo, mentre i magistrati li inquisivano, le loro carriere progredivano vertiginosamente di promozione in promozione con il beneplacito del governo di turno e con il silenzio del parlamento” e inoltre che “ nessuno nella polizia, come nel governo, ha mai sentito la necessità, nemmeno dopo le condanne di primo e secondo grado, di rimuoverli dai loro incarichi”.

Alla fine questi soggetti sconteranno solo pochi mesi grazie all’indulto del 2006  e  alla buona condotta. Quello che dovrebbe fare lo Stato, ma che non farà, è chiedere scusa immediatamente , far emergere le responsabilità e le coperture politiche di cui hanno goduto gli esecutori materiali di questi atti infami e prevedere misure che limitino  quantomeno i casi di mala polizia e il libero utilizzo di forme di repressione da parte delle forze dell’ordine in stile feudale.

Una prima soluzione sarebbe quella di inserire obbligatoriamente i numeri identificativi nella divisa di ogni agente.

Comunque le immagini della Diaz, di Genova e del Defender dei Caabinieri che investe Carlo Giuliani Ragazzo esamine a terra rimarranno indelebili negli occhi di chi ha fame di giustizia.

Gabriele Toccaceli

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