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Una lettura storica del Ventennio fascista

(ASI) Lettera in redazione. Riceviamo e pubblichiamo un curioso intervento di un lettore di Asi, Angelo, che propone una sua personale (e singolare) lettura storica del Ventennio fascista e della sorte di ciò che del Ventennio ancora resta in questo Paese.


Gentile Redazione,

 

dopo anni di riflessioni, dibattiti non di rado accesi, scambi di opinioni, sono giunto ad una conclusione, ovvero che il passato fascista di questo Paese deve essere staccato, allontanato dalla motrice del treno della società civile. E per 'staccare' intendo rimuovere tout court qualsivoglia testimonianza (o strascico) del Ventennio mussoliniano, a partire dall'edilizia storica, quei palazzoni bianchi e squadrati che oggi recano ancora i simboli littori, malgrado quegli spazi ospitino sedi di prefetture, questure, istituti di credito di provata fede repubblicana.

 

Già, le banche! Come la sede della Banca d'Italia di Terni che sorge in un edificio in puro stile razionalista, prodotto dell'architettura fascista riconvertito a centro nevralgico di un ente simbolo del libero mercato e della libertà di scambio ed investimento.

 

Banche nei palazzoni di Mussolini? Ma scherziamo? Edifici dai muri ancora pregni di dottrine stataliste e socialisteggianti riconvertiti alla buona in uffici di enti privati o pubblici come l'Inps. Già l'Inps, una vera tortura credetemi. In un sistema economico come il nostro, dalla fine della guerra di libero mercato, l'ingerenza dello Stato nell'economia si fa sentire anche con gli istituti di previdenza. Nato alla fine dell'Ottocento ma potenziato proprio da quel fascismo che nel '39, sotto il nome di Istituto nazionale ascista di previdenza sociale, da oltre ottant'anni l' INPS ci perseguita in materia di assicurazione contro la disoccupazione, assegni familiari, integrazioni salariali per i lavoratori sospesi o ad orario ridotto. Ma dico io??? Esistono anche i privati per garantirsi sostegno pensionistico ed assicurativo. E invece no! Costretti, tutti, a subire questa istituzione dell'ante guerra che ci obbliga ad usufruire dei suoi servizi.

 

Saremmo, in teoria, uno paese capitalista, eppure lo stesso mondo del lavoro non permette la libera concorrenza alle agenzie di privati che potrebbero/vorrebbero occuparsi della tutela dei lavoratori. E, infatti, anche in questo caso entra in scena un'altra celebre creatura fascista: l'INAIL.

 

Stessa identica cosa il Codice civile e le norme in materia di impiego: rivoluzionarie per l'epoca ( e ancora attualissime) ma comunque di matrice fascista.

 

Insomma, diciamocelo, meglio tornare all'Italia pre Marcia su Roma, coi suoi problemi sociali e le sue tensioni interne, al fine di lasciare a sindacati e classe dirigente il compito di ricreare uno stato sociale dal nulla, così che le generazioni successive non debbano vivere l'imbarazzo di sentirsi dire che "pensioni e ferie le ha inventate il Duce".

 

Sono certo che presto anche le 40 ore settimanale, la previdenza, le ferie verranno rese incostituzionali perché, ripeto, figlie di quel maledetto regime.

 

Lo spero, lo spero eccome!

 

Rispettosamente,

 

Angelo Salamina

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