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(ASI) Passano i mesi, ma non cambia la situazione e così gli studenti cileni sono ancora in piazza contro il sistema scolastico, del tutto privato, imposto al paese dal dittatore atlantico Augusto Pinochet.

 

Come i più attenti ricorderanno le proteste studentesche sono iniziate lo scorso 4 agosto e dopo più di cinque mesi si fanno via via più insistenti.

Nemmeno le festività per il natale ed il nuovo anno ha infatti assestato colpi agli indignati cileni che anzi hanno già iniziato preparativi per nuove manifestazioni che avranno il loro apice il prossimo 15 marzo, data in cui è stata convocata la prima grande mobilitazione per l’istruzione nel 2012: quel giorno gli studenti chiederanno anche le dimissioni del ministro degli interni cileno, Rodrigo Hinzpeter, il cui comportamento viene bollato come scandaloso, a causa della cattiva gestione della sicurezza e dell’ordine pubblico, per aver applicato la legge antiterrorismo dopo gli incendi e per la sua costante criminalizzazione dei movimenti studenteschi.

Con il passare dei mesi quella che era una protesta nata per chiedere una istruzione migliore ha visto aggiungersi anche motivazioni politiche, in primis legate alle problematiche delle fasce sociali più deboli, con organizzazioni sociali e sindacati che pur appoggiando a parole le proteste nei fatti sono sempre rimasti distaccati, nel tentativo di non inimicarsi troppo il governo; anche l’opinione pubblica ha da tempo abbandonato gli studenti al proprio destino temendo che che per finanziare la rinascita della scuola pubblica vengano aumentate le tasse.

Il governo ovviamente continua nella sua opera repressiva tanto che la scorsa settimana è stato arrestato il portavoce della Federazione degli Studenti mapuche, José Ancalao, che ha riferito di essere stato malmenato dalla polizia al momento del suo arresto, durante una manifestazione in memoria di Matias Cartileo, giovane mapuche ucciso nel 2008.

E mentre i cileni si battono per una istruzione milgiore sui media italiani, tranne rare eccezioni, nessuno ne parla.

Fabrizio Di Ernesto

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