Le elezioni in Umbria sono la prima importante verifica elettorale per l’alleanza Pd-5 Stelle con possibili pesanti ripercussioni sul governo Conte

(ASI) Il “patto civico”, il nome con il quale è stata chiamato l’accordo che è stato fatto tra il Pd e il Movimento 5 Stelle, per il rinnovo del Consiglio Regionale, che avverrà in Umbria il 27 ottobre, ha trovato, dopo un parto travagliato, una soluzione che però appare un’ingannevole e banale “foglia di fico”.

Come è noto, dopo tante rinunce, la scelta per il candidato presidente è caduta sull’imprenditore di Norcia, Vincenzo Bianconi, 47 anni, presidente della Federalberghi dell’Umbria. Andiamo per ordine. Catiuscia Marini, presidente con la peggiore giunta mai fatta in Umbria, è stata costretta alle dimissioni in seguito allo scandalo per i concorsi truccati nella sanità. Il Pd, la cui esponente di punta era appunto la Marini, è così precipitato al punto più basso della sua storia, anche perché i vecchi comunisti, che erano lo zoccolo duro del partito, con il tempo lasciano vuoti significativi nell’elettorato di sinistra. Se a questo scontato evento anagrafico si aggiunge il disonore e lo sconforto per quanto fatto e anche per il non fatto (vedi questioni terremotati) dalla giunta Marini si capisce la situazione disastrosa del Pd, pure commissariato, dopo l’arresto del segretario regionale ed ex sottosegretario agli Interni, Giampiero Bocci. Nel frattempo nasce a Roma l’accordo 5 Stelle -Pd- Leu per il Conte 2. E allora a Luigi Di Maio, ministro degli Esteri e factotum del Movimento grillino viene in mente di proporre al segretario nazionale del Pd, Nicola Zingaretti, di estendere l’alleanza anche alla Regione Umbria dove, appunto, sono imminenti le elezioni. Però - questa è la condizione “rivoluzionaria” di Di Maio - il candidato non deve essere un politico. “Patto civico” sembra una trovata geniale. Lo stesso Di Maio, non so se di sua iniziativa o con l’avallo di Zingaretti, si mette a trovare, in tempi estremamente ristretti, il candidato ideale. E da sprovveduto politicamente qual è, il Ministro degli Esteri annuncia, urbi et orbi, con un’ingenuità e semplicità terrificanti, i nomi, senza prima avere avuto il consenso degli interessati e così sono grottesche, patetiche ed umilianti le rinunce: dall’imprenditore del cashmere, Brunello Cucinelli, al procuratore, Fausto Cardella, alla presidente del Serafico di Assisi, Francesca Di Maolo, fino ad arrivare, finalmente, a Bianconi che, però, sembra una soluzione ingannevole per la semplice ragione che il non politico, quello che avrebbe dovuto caratterizzare la novità e la discontinuità, presupposto per l’accettazione del “patto” da parte di Di Maio e dei 5 Stelle, è solo lui. Sì, è vero, ha anche una lista tutta sua con capolista Andrea Fora, ma in quella del Pd, quelli che, se eletti, dovranno sostenere nel Consiglio Regionale la giunta Bianconi, non solo non sono nuovi, rappresentano il passato prossimo, nemmeno quello remoto. Tra gli altri ci sono il vicepresidente della giunta di Catiuscia Marini, Fabio Paparelli, che era pure contrario alle dimissioni della presidente dopo lo scandalo sanità, quindi con un bilancio e un consuntivo politico pessimo. C’è Donatella Porzi, presidente del consiglio regionale appena sciolto, ex assessore provinciale. Marco Vinicio Guasticchi, consigliere regionale uscente ed ex presidente della Provincia di Perugia. Giacomo Leonelli, consigliere regionale uscente ed ex segretario regionale. Sauro Cristofani, ex assessore provinciale ed ex consigliere al Comune di Perugia, Rita Barbetti ex vicesindaco di Foligno, Silvia Tiberti assessore al Comune di Narni, Alfio Todini ex vicesindaco di Marsciano, Simona Meloni, vicesindaco di Piegaro. Questa situazione imbarazza e molto il Movimento 5 Stelle i cui simpatizzanti potrebbero non andare a votare o, peggio, votare l’avversaria di Bianconi, vale a dire Donatella Tesei, in vantaggio di qualche punto secondo i sondaggi, candidata del centro destra sostenuta da Lega, Pdi e Forza Italia. Il commissario del Pd in Umbria, il parlamentare Walter Verini, giustifica il mancato cambiamento con il fatto che “sono persone conosciute”. Su questo non ci sono dubbi, evidentemente non si è reso conto che è un’aggravante, in quanto l’accordo con 5 Stelle prevedeva il cambiamento, che - si capisce - è tutta un’altra cosa. Comprensibili e fondati, dunque, i malumori che albergano tra i grillini. Sintetizza il tutto, con estremo pragmatismo, Maria Grazia Carbonari, consigliere regionale uscente del Movimento 5 Stelle, in una intervista a “La Verità”. “Che imbarazzo l’accordo di noi grillini con la sinistra. Ce l’ha imposto Di Maio. Con il patto civico gli elettori ci volteranno le spalle per la Lega. Nelle liste è rimasta la vecchia classe dirigente che ha amministrato con il clientelismo”. Una posizione assai critica che non è affatto da sottovalutare, perché in caso di insuccesso, se cioè quella fragile foglia di fico, rappresentata da Bianconi, dovesse essere spazzata via dal vento che arriva da destra, ci potrebbero essere gravi ripercussioni, non solo nel Movimento 5 Stelle e su Di Maio, ma anche nel Pd di Zingaretti e sul governo Conte.  L’alleanza 5 Stelle -Pd- Leu, già alla prima importante verifica elettorale, mostrerebbe tutta la sua preoccupante fragilità.

Fortunato VinciAgenzia Stampa Italia 

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