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(ASI) Umbria. “De profundis” per la Provincia di Terni: il riordino auspicato dalla Marini cozza con la volontà dei Comuni. Si proceda a riforme che interessino veramente i cittadini e si ponga fine al “risiko” dei territori. In una Regione assediata da mille emergenze si è assistito nell’ultimo periodo ad una delirante “partita a risiko” sulla pelle dei territori e sulla salute dei cittadini: protagonista una classe di governo umbra che sembra vivere in un’altra dimensione o in una torre d’avorio.

Le urla e le proteste dei lavoratori di “Umbria mobilità”, che hanno rivolto epiteti non proprio gradevoli all’indirizzo di politici ed amministratori, avranno forse almeno il merito di far comprendere che la cosiddetta “spending review” territoriale è un falso problema.


Se è pur vero che non si vedono concreti risparmi nel chiudere la Provincia di Terni, è altrettanto certo che i cittadini non avranno molta nostalgia di Enti che furono costituiti solo per aumentare il controllo centralista dello Stato.


Perché è di tutta evidenza che a perdere di significato e di peso istituzionale sarà anche la “rimanente” (sulla carta) Provincia di Perugia, non più Ente Locale ma Ente “di secondo livello”, a funzioni delegate: poco più dell’attuale Consiglio delle Autonomie Locali.
"I Comuni, unici Enti veramente sentiti come propri dai cittadini, hanno battuto un colpo e nessuno si è dimostrato disposto a passare con Terni: fallisce dunque il disegno della Governatrice Marini di accontentare - in un sol colpo - le proprie fronde interne prevedendo una Provincia di Terni più ampia, con corollario una sede ASL a Foligno.
"È finito il tempo delle “bandierine”, dei capricci degli assessori e delle ex governatrici. Si auspica che inizi ora e per davvero il tempo delle responsabilità concrete.
Andrea Lignani Marchesani

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