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(ASI) Umbria - La recente sentenza del T.A.R. di Perugia riguardante la necessità di inserire una donna nell’esecutivo della città di Assisi, evidenza una volta di più la distorsione della volontà democratica circa le cosiddette “quote rosa”.



Emerge, in modo sempre più evidente, quanto questo strumento invece di essere una “garanzia” per l’universo femminile sia al contrario un’evidente “distorsione”, certamente non l’unica, della volontà popolare.

La sentenza di per se stessa ha un suo fondamento, stante le norme in vigore, ma il problema è sull’assurdità dell’esistenza stessa di dette norme.

In questa sede si intende ribadire ancora una volta come donne “in gamba” e capaci - e ce ne sono ! - non abbiano bisogno di riserve indiane: è sufficiente, a tal proposito, rivolgere lo sguardo ai vertici di importanti aziende come la RAI o di importanti istituzioni economico-finanziarie sovranazionali.

Al contrario, garantire posti “per legge” nei Consigli di Amministrazione non garantisce il merito, ma più probabilmente l’essere cortigiane, evenienza di cui abbiamo avuto tristi manifestazioni anche nel recente passato.

Infine, venendo alla nostra Regione e considerando anche proposte di legge che - con la cosiddetta “preferenza di genere” - intendono drogare i futuri risultati elettorali, vogliamo ricordare come da dodici anni ci governi un Presidente di Regione donna, che i candidati alla Presidenza della Regione nell’ultima consultazione del 2010 fossero esclusivamente di sesso femminile e che l’attuale Vice Presidente della Giunta (priva tra l’altro di consenso elettorale e nominata per logiche di partito) sia un’attiva neo-mamma.

Siamo convinti che l’altra metà del cielo, almeno in Umbria, sia così discriminata ?

 

 

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