(ASI) - Il porto di Ravenna ha negato l’accesso a due camion diretti al terminal container che erano carichi di esplosivi destinati al porto di Haifa (Israele). La vicenda, avvenuta il 18 settembre, è stata innescata dalla segnalazione di alcuni lavoratori portuali e ha portato alla decisione di far lasciare il terminal ai mezzi dopo ore di sosta controllata.
L’Autorità di sistema portuale ha rifiutato l’ingresso ai camion a seguito di preoccupazioni per l’ordine pubblico, montate dalle proteste del personale del porto ravennate. A rilanciare di nuovo l’avvenimento sono state in particolare, alcune agenzie internazionali, che hanno inserito l’evento in uno scenario più ampio di opposizione sindacale europea alle forniture militari, analoghe a quelle avvenute nei porti di Genova e Livorno. Secondo quanto ricostruito, i due container infatti contenevano “materiale esplosivo di tipo bellico” come indicato nei documenti di trasporto. Tuttavia le verifiche interne hanno fatto scattare la mobilitazione sindacale e il conseguente confronto con le istituzioni locali, fino alla scelta di impedire il transito e far allontanare i mezzi.
La catena decisionale è stata accompagnata da diverse prese di posizione politiche: il sindaco in primis ha chiesto il blocco dei transiti di armamenti, corroborato dalla Regione che ha sostenuto il confronto diretto con il governo. A tal proposito il Ministero degli Esteri ha precisato che le forniture non risultavano “italiane”, richiamando la cornice normativa che consente il passaggio esclusivamente se la documentazione è regolare.
Si riapre dunque il dibattito politico sulla legge 185/90, la norma italiana che regola commercio e transito di armi e che ne disciplina l’esportazione, l’importazione e il transito di materiali d’armamento, invocando maggiori controlli in particolare quelli documentali. In parallelo le organizzazioni sindacali di categoria, hanno rivendicato il ruolo dei lavoratori nella segnalazione dei carichi e nel presidio dei varchi portuali, diffondendo comunicati nazionali e dando visibilità al caso. Sul piano internazionale invece, la notizia è stata ripresa da agenzie e media marittimi che parlano del cosiddetto “refusal of entry", ossia diniego di ingresso, motivato dalle proteste dei lavoratori e dall’attenzione sulla crisi a Gaza.
Carlo Armanni - Agenzia Stampa Italia


