(ASI) In un’intervista al giornalista Pierluigi Mele, Giorgio Tonini, già presidente della Commissione bilancio del Senato ed esponente della Presidenza dell’Associazione riformista Libertà Eguale presieduta da Enrico Morando dichiara: “Il nuovo esecutivo non è affatto equidistante tra Conte1 e Conte2, ma si pone semmai come la terza fase, quella conclusiva (vedremo se anche definitiva) della liquidazione politica del populismo sovranista e antieuropeo che tre anni fa era entrato da vincitore nelle aule della Camera e del Senato.
Molto dipenderà anche dal Pd: se saprà utilizzare appieno il sostegno e anzi l’identificazione col governo Draghi come propellente di un allargamento delle basi del suo consenso nel paese, o se invece cederà questa opportunità al rinnovato asse tra Lega e Forza Italia”.
“Il Pd – prosegue Tonini- è nato da una grande convergenza e non da una scissione: dunque l’identità del Pd è la sua funzione di unire il riformismo per portarlo al governo del paese. E retta da una regola aurea, la contendibilità di tutte le cariche e le candidature, per la quale nessuna vittoria e nessuna sconfitta nella dialettica interna è mai definitiva e irreversibile: il vincitore pro tempore non espelle gli sconfitti e gli sconfitti pro tempore non spaccano il partito. Progetto politico e principio democratico sono stati minati alle fondamenta dalle tante scissioni, inutili e dannose, perpetrate peraltro da chi dal partito aveva avuto ruoli di massima direzione, come Bersani o Renzi. Possiamo andare ancora avanti in questa diaspora, in questa deriva disperatamente nichilista, fino alla completa distruzione. O possiamo invece assumerci la responsabilità di rilanciare la capacità inclusiva e la vocazione maggioritaria del Pd. Anche con un passaggio straordinario, una nuova Costituente del riformismo italiano, nella quale riscoprire e rilanciare le ragioni dell’unità in nome di una comune visione del futuro del Paese.”