(ASI) - Via libera al decreto salva-imprese grazie alla fiducia votata da 168 senatori, senza più lo scudo legale e penale per i vertici del Gruppo Accelor-Mittal, sta provocando problemi negli stabilimenti di Taranto e degli altri siti siderurgici del Nord.

Dal 3 novembre prossimo, scadenza del provvedimento originario, nessuno sarà più al riparo da possibili interventi della magistratura.

Una situazione che allarma sempre di più i sindacati, che, in attesa di una convocazione del governo, temono la chiusura delle fabbriche o comunque il loro ridimensionamento, con rischi occupazionali. Da Arcelor Mittal era anche arrivata la comunicazione della volontà di ridurre la produzione a Taranto a 4 milioni di tonnellate.

Dopo l’addio allo scudo penale, rimane la scadenza del 3 novembre quando la legge di conversione del decreto entrerà in vigore e le immunità legali, legate all’attuazione del piano ambientale, decadranno. Di sicuro la norma dello scudo non potrà essere riproposta uguale perchè incontrerebbe il muro dei Cinque Stelle. Nella maggioranza, soprattutto i renziani, c’è chi indica la manovra come veicolo. Si parla anche di uno scudo light o di trovare il modo di reperire fondi per la conversione tecnologica del sito e il risanamento ambientale, stando ben attenti a non cadere sotto la mannaia degli aiuti di Stato. Non manca, per di più, chi ipotizza un tavolo istituzionale con i ministeri interessati e il territorio per rinegoziare l’accordo stipulato qualche mese fa, fino a ipotizzare l’ingresso dello Stato nel capitale del Gruppo.

Per l'Ilva, anche nell’ipotesi in cui si dovesse arrivare alla chiusura dell’area a caldo che vale 5mila posti, ci sarebbe comunque l’effetto domino sui quasi 11 mila dipendenti, senza calcolare l’indotto. 

 

 

Claudia Piagnani - Agenzia Stampa Italia

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