(ASI) Roma -  “I dati pubblicati oggi ci ripetono che la forbice tra nord e sud continua ad allargarsi. Dieci anni consecutivi senza un cambio di segno sono un segnale della necessità di una stabilità politica capace di pianificare risposte strutturali”.

Lo afferma Roberto Rossini, presidente nazionale delle Acli commentando il rapporto della Cgia di Mestre che ha messo a confronto le diverse aree del Paese. “Quello che ci preoccupa maggiormente – aggiunge Rossini - sono i dati relativi all'esclusione sociale, dove il divario rischia di essere più preoccupante. Su questo argomento, già nei scorsi mesi avevamo lanciato un allarme”.

Nel rapporto “Le Cinque Italie” elaborato dall’Iref, l’Istituto di ricerche educative e formative che fa capo alle Acli, veniva infatti affrontato il tema dell'aumento delle diseguaglianze attraverso la distribuzione sociale e territoriale della ricchezza nel nostro Paese. Sulla base di una serie di indicatori, emergeva un'Italia divisa in cinque poli. A un polo dinamico, uno delle comunità prospere e a un terzo di territori industriosi, si aggiungevano due poli individuati proprio nel Meridione: il Sud fragile e le Province depresse. Se queste, a fronte di un lento declino o da una stasi nei principali parametri economici e sociali, conservano  standard di vita non troppo lontani da quelli medi in Italia, il Sud fragile versa in una condizione di disagio profondo. Se la filiera produzione, occupazione, ricchezza, credito e investimento non funziona, allora perfino gli indicatori di civismo manifestano una speciale fragilità. “Se si intendesse proporre una politica nazionale di sviluppo – afferma Paola Vacchina, responsabile dell'Ufficio studi delle Acli - occorrerebbe individuare strumenti differenziati a seconda delle aree coinvolte. Sarebbe l'unico modo per tenere insieme un Paese così eterogeneo”.

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