(ASI) “Un’azienda commissariata dallo Stato, per l’80% sotto sequestro da parte della Magistratura. Un impianto gravemente malato che ha inquinato e inquina una città, rendendo pericolosa la vita nella vicina periferia, da tempo ricoperta in ogni sua parte da polveri nocive alla salute.   
Una produzione abbassata oggi al 30% del potenziale dell’azienda, undici mila operai che si alternano tra lavoro e cassa integrazione. Il colosso europeo dell’acciaio non è più un’azienda attrattiva, ma un insieme di problemi di difficilissima soluzione, a cominciare dalle bonifiche necessarie, all’interno come all’esterno dell’impianto. L’Ilva non può essere salvata, ma solo superata, con un progetto che ricalchi quanto avvenuto nel decennio scorso in Germania, dove l’area della Ruhr venne ripensata, bonificata, riconvertita secondo un modello ecologico dell’economia. Le istituzioni, locali e nazionali, dimostrino buon senso e valutino la fattibilità di un piano di reale riscatto per Taranto”, lo dice l’onorevole Vincenza Labriola, capogruppo per il Gruppo Misto in commissione Lavoro alla Camera dei Deputati.
“L’unica scelta saggia è cambiare prospettiva e progetto, mettendo da parte una situazione eccessivamente ingarbugliata e pericolosa – prosegue la deputata tarantina –. Quale imprenditore si prenderebbe seriamente l’onere di mettere le mani su un problema tanto grande? Serve un piano di superamento, che vada di pari passo con quello del rilancio dell’economia tarantina, parallelamente ad una riconversione professionale per chi oggi lavora all’Ilva, in settori quali turismo, servizi, agricoltura, artigianato e commercio. In tutta Europa l’acciaio perde posti di lavoro, il rilancio dell’Ilva è un progetto antieconomico e superato”.

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