Il Jobs act dei politici.

(ASI) Il Jobs act, la nuova legge sul lavoro approvata recentemente, si chiama anche a tutele crescenti. La cosa appare piuttosto discutibile perché le tutele dei lavoratori sembra diminuiscano invece che aumentare, tuttavia Matteo Renzi, ha fatto passare questo messaggio e quindi tutti si devono adeguare.

C'è, invece, senza bisogno di nessuna legge scritta, applicata con puntualità, in ogni utile occasione e con straordinaria faccia tosta, la tutela crescente per i politici. Anzi, meglio la tutela infinita per i politici. Funziona e si applica così.
Se un politico di primo piano, che ha un incarico qualificato ed importante, è coinvolto in uno scandalo di tangenti o di altro genere, con intercettazioni che farebbero impallidire chiunque abbia un minimo di dignità, subito si mobilita il vasto collegio di difesa, formato in larghissima parte da compari dello stesso livello del politico in questione, e cominciano le arringhe nei talk show e sui giornali. Non raggiungono eccellenti vertici qualitativi dal punto di vista logico-giuridico, ma in compenso sono pateticamente esilaranti. Nel caso di Maurizio Lupi, l'ex ministro dei Lavori pubblici ed Infrastrutture, la difesa ha avuto buon gioco. E si è pure indignata quando è stato costretto, dall'opinione pubblica, a dimettersi. Che ha fatto di male? Nulla. Intanto bisognerà prima possibile porre un limite a tutte queste intercettazioni che violano la privacy e danneggiano l'immagine dei politici che, al telefono, e forse non solo lì, parlano peggio degli scaricatori di porto. Sì, va bene, andava a dormire con la famiglia, ospite di un imprenditore, arrestato, che aveva tutti gli appalti più importanti in tutta Italia, Sì, il figlio ha ottenuto il posto di lavoro e ricevuto qualche regalino, come un Rolex di 10.000 euro, ma che c'è di male. Sì, si faceva dettare l'agenda dei lavori da un burocrate arrestato. E allora? Merita la massima tutela e considerazione, infatti, molti si sono congratulati per la sensibilità dimostrata nel dare le dimissioni, senza – pensate che intollerabile violenza gli è stata fatta – nemmeno essere indagato.
Ci sono quattro sottosegretari dell'attuale governo, nominati, non prima, ma dopo essere stati indagati e cosa c'è di male? Essere iscritto nel registro degli indagati non significa essere colpevole, e quindi è giusto che rimangano al loro posto.
Poi c'è anche qualcuno che è già stato condannato in primo grado, come l'aspirante governatore della Campania De Luca, fresco vincitore delle primarie del Pd, il partito di governo. E secondo la legge Severino in caso di elezione dovrebbe essere dichiarato decaduto, appunto applicando la legge in vigore. Ma che dite? Replicano all'unisono i compari politici (gli stessi che l'hanno votata) la legge Severino è incostituzionale, perché per i parlamentari prevede la decadenza solo quando si tratta di una sentenza definitiva mentre per i sindaci e i presidenti delle regioni basta la sentenza di primo grado. Quindi, avanti con De Luca e poi, semmai, si potrà fare ricorso al Tar., come ha già fatto il sindaco di Napoli, Luigi De Magistris. Magnifico. Il ragionamento degli azzeccagarbugli non fa una grinza. Solo che il messaggio è devastante in una regione come la Campania, regina dell'illegalità. E poi c'è anche qualcuno condannato anche in secondo grado. Per i politici non è grave, anzi non conta proprio niente perché c'è l'articolo della Costituzione, sempre richiamato con puntualità, che stabilisce che nessuno può essere considerato colpevole fino ad una sentenza passata in giudicato. Dunque può stare tranquillo, tranquillissimo, al suo posto in attesa della sentenza della Cassazione, che si dà per scontato che quando arriverà, non potrà stabilire un bel nulla perché, nel frattempo, saranno maturati i termini della prescrizione e così il reato sarà prescritto. Non esisterà più. Benvenuti nel Paese delle tutele crescenti per i delinquenti, politici e non.

Fortunato Vinci -Agenzia Stampa Italia

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