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La crisi vista dai giovani

(ASI) Se da una parte la crisi che da qualche anno sta colpendo il Bel Paese e non solo, ha provocato il fallimento di moltissime aziende e l’azzeramento dei redditi delle famiglie, dall’altra ha colpito anche il morale e le aspettative dei giovani.

Giovani sempre più disorientati e spaventati dalla visione di un futuro che si prospetta tutt’altro che roseo e sebbene i tempi siano cambiati rispetto al passato, basti pensare alla depressione del 1929, oggi come ieri le paure e le ansie da parte dei cittadini sono le stesse, di fronte ad una crisi che ha comportato un aumento sostanziale dei prezzi dei beni di consumo, riduzione dei posti di lavoro e soprattutto l’innalzamento di ogni tipo di tassa esistente, compresi i costi per l’istruzione andando quindi a colpire i giovani per i quali non solo è diventato difficile se non impossibile trovare lavoro, ma anche poter studiare. La maggior parte delle famiglie italiane infatti è costretta a fare rinunce sostanziali per far fronte ai costi derivanti dall’istruzione dei propri figli. Una cosa è certa i giovani prendono sempre più coscienza della situazione in cui versano e di certo, viste le molteplici difficoltà che sta attraversando l’Italia, così come tutti i paesi dell’eurozona, sempre più spesso decidono di volare lontano, magari in Australia che sembra essere diventata la meta più ambita dai ragazzi in questo periodo.

Questa crisi tuttavia non ha colpito solo studenti, famiglie e aziende ma anche le giovani coppie che sempre più spesso decidono di rinviare le nozze o addirittura tornare alle origini andando a vivere con i genitori.

Molti studiosi di economia affermano che lo Stato è come un’azienda, ma se cosi fosse, sorge spontanea una domanda; perché a quest’ultimo non è dato l’obbligo di istituire una riserva legale in bilancio per casi di emergenza? Perché a pagare le spese della crisi deve essere sempre e solo il cittadino, quando è più che evidente che lo Stato non ha prodotto benefici alla madre terra, magari incentivando la produzione ma soprattutto il consumo di beni strettamente italiani? Forse era troppo impegnato a cercare tasse alternative per non intaccare eventuali “rimborsi” ai parlamentari. Bè non c’è che dire se non come afferma il grande Franco Battiato “povera patria”.

Erika Cesari -Agenzia Stampa Italia

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