(ASI) Spesso, in certi ambienti, viene esaltata solamente la cultura (termine, questo, comprensivo di religione, alfabeto, usanze e tanto altro) nordica e non si fa nessun riferimento a quella scritta in devanagari, nonostante una personalità come il Barone Julius Evola si sia scomodata a recuperare l’aspetto operativo della spiritualità orientale.

Anzi, peggio ancora. Si tende a ignorare il suo lavoro etichettando come primitivo -nel senso più dispregiativo che si possa dare a questa parola- tutto ciò che viene dall’India senza approfondire ulteriormente il discorso.
In verità le somiglianze fra le due culture sono almeno quattro:
1) i nomi dei due gruppi di divinità: da un lato troviamo la coppia antitetica Aesir/Vanir mentre dall’altro quella Asura/Deva.
Secondo Regis Boyer è proprio il protogermanico *ansuz a derivare dall’indoeuropeo * ansu / * nsu, a sua volta legato a *hensu (“respirare”), sicché è Aesir a derivare da Asura, in buona sostanza; Isnardi poi specifica che sono stati gli Aesir a infondere il soffio vitale.
Curiosità degna di nota: se in India a partire dall’VIII sec. a. C. gli Asura hanno acquisito connotazione negativa e i Deva positiva, in Iran è l’esatto opposto. Si vedano, ad esempio, Ahura Mazda, il Dio creatore appartenente alla religione zoroastriana, ma anche i Daeva; è un termine avestico volto a indicare creature maligne. Con molta probabilità gli inglesi devono la parola devil a tale lemma.
In India, invece, il corrispettivo di Ahura Mazda si chiama Varuna, è il più importante fra gli Asura nonché Dio degli Inferi e re dei naga (una razza particolare di uomini serpenti. Aneddoto: il serpente della saga di Harry Potter si chiama proprio Nagini).
Ma chi sono i Vanir? Con molta probabilità si tratta di esseri soprannaturali legati alla dimensione del piacere.
2) la presenza di un serpente cosmico.
Nel primo libro del Rigveda si parla di Vrtra, personaggio fondamentale della cosmogonia vedica: costui è proprio un serpente che sta sulle montagne che imprigionavano le acque e che avvolge in un’unica massa cielo e terra. Viene ucciso da Indra, signore della guerra e delle folgori, Deva citato in 300 inni vedici.
Secondo la mitologia norrena, invece, Jormungand è un serpente enorme, talmente grande da cingere l’intero cosmo: è figlio di Loki e della gigantessa Angrboda, ha per nemico giurato Thor e sorgerà dalle acque in occasione del Ragnarok (ossia la fine del mondo).
3) la fine del mondo.
Complice il film Marvel dell’anno scorso targato Taika Waititi, la parola Ragnarok è entrata di prepotenza nella cultura di massa, specialmente quella dei fandom: serve a indicare la battaglia finale fra le forze della luce e quelle del buio al termine della quale l’intero mondo verrà distrutto e quindi rigenerato. Degna di menzione è la caratteristica del gigante del fuoco Surtr, e cioè quella dare fuoco al mondo stesso tramite una spada in fiamme.
Tra 960.000 anni, invece, si manifesterà il decimo avatar di Visnù, Kalki il vendicatore: a cavallo di un destriero bianco, brandirà una spada fiammeggiante, percorrerà tutta la Terra e distruggerà il mondo.
In entrambi i casi “l’apocalisse” è caratterizzata da un terremoto (nel primo di Yggdrasil, e cioè dell’albero cosmico a cui fanno riferimento tutti i regni compresa Midgard/la Terra, nel secondo solo quest’ultima) e da una sorta di ritorno alle origini, vale a dire a un’età di ordine ed innocenza.
4) una catena montuosa volta a proteggere il mondo terreno, sia inteso come Loka (India) che come Midgard (Scandinavia).

G. R.

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