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Umbria. Storie di vita e solidarietà a  San Feliciano  e del Lago Trasimeno

(ASI) Umbria -  Lettere in Redazione. Guarda il chiosco per la prima volta dopo tanti anni, vuoto e silenzioso. Sullo sfondo il lago Trasimeno, oggi di una calma piatta, finalmente quieto nessuna increspatura. E’ un anziano signore, a cui chiedo un ricordo. “Nicoleta era l’animatrice di questo piccolo centro un tempo solo di pescatori, oggi con la voce turismo in cima alle attività produttive”.

E di seguito con la voce rotta dalla commozione: “Amava i bambini, tutti, non solo i suoi. E’ morta per loro”. Le vie ritorte del piccolo borgo di San Feliciano, sono deserte e non solo per il sole rovente che le sferza. La gente si è chiusa dentro come a voler meditare. Giunta una diecina di anni fa dalla Romania, con un unico obiettivo: cominciare una nuova vita. Questa la storia di Nicoleta Carati. Inizia come tante: badante, poi ascoltando il suo cuore baby setter. Infine cameriera nel chiosco di gelati. Sarà il luogo di lavoro che le cambierà davvero la vita. Nasce l’amore, poi i due bambini e solo dopo il matrimonio in comune. “Quel luogo di lavoro, le permetterà ancora di più di integrarsi con la cittadinanza”, è la testimonianza del presidente della Pro Loco Raspati Daniele. “Oramai era una del paese, una su cui potevi contare quando c’era da organizzare qualsiasi cosa”. Anche lui, proprio perché anche amico di famiglia, ricorda il suo grande amore per i figli. “Quel chiosco è stato da sempre punto di riferimento della vita paesana. Lei con la sua voglia di fare, si era inserita benissimo nel tessuto sociale. Nessuno tra gli abitanti la percepiva come una venuta da lontano”. Insomma una storia di integrazione da libro cuore. “Il figlio Tommaso – ci tiene a ricordarlo il presidente – quest’anno per la prima volta ha collaborato alla festa del Gacchio”. Ieri infine quella gita in barca. Il marito conosceva bene il lago e le sue bizzarrie. Tra le due isole la Maggiore e la Minore, la voglia di sfuggire all’afa a avuto il sopravvento. Fare due tuffi è stata la cosa più naturale. Scende in acqua per primo il padre, poi i bambini. La madre che resta sulla piccola imbarcazione. Un’imprudenza certo, quella di non gettare l’ancora. Poi improvviso il vento, il lago che si gonfia, l’inizio delle difficoltà. I bambini si cominciano a spaventare, la madre che urla dalla barca, poi quando vede che il pericolo si fa serio, per un istinto materno insopprimibile, si getta fra le onde. La barca rimasta sola si allontana. Il padre capisce il sopraggiungere del dramma. Inizia a nuotare per raggiungere il natante, che si allontana sempre più. Sente finire le forse, quando come d’incanto, la barca si ferma quasi ad aspettarlo. La raggiunge ci sale sopra e torna di corsa verso i figli e la madre. Raggiunti i familiari disperato e con gran fatica afferra uno alla volta prima i figli, li porta a bordo. Poi la madre che oramai sopraffatta dalla fatica comincia ad andare a fondo. L’afferra una prima volta, le sfugge, la riprende per i capelli, le sfugge di nuovo. La vede cambiare di colore, gli occhi sbarrati, quasi non reagisce più. Di nuovo riesce a prendergli le mani, poi sotto braccio, è rigida non parla più. Avverte tutta intera la tragedia che sta per compiersi, con uno sforzo sovrumano riesce a issarla a bordo. I figli sono lì accanto a quel corpo oramai privo di vita. Di corsa verso il molo di Passignano. Poi le urla di richiesta d’aiuto, l’arrivo degli uomini del 118 locale, che proveranno in tutti i modi a ridare la vita a quella giovane donna. Minuti lunghissimi alla fine dei quali, si guardano sconsolati e muti. Non ce l’hanno fatta. I bambini tremanti sono portati via. Quelle immagini strazianti e terrificanti non le dimenticheranno più. Ora è il momento del dolore collettivo, del lutto cittadino, per quella giovane e bella donna venuta dall’Est, per iniziare una nuova vita.

Casaioli Renato

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