Dopo 88 giorni ecco il governo: 7 pentastellati, 7 tecnici e 6 leghisti

9823734 3x2 700x467 copyTorna Conte con Tria all'Economia e Savona agli Affari europei. Salvini all'Interno, Di Maio al Lavoro

(ASI) Dopo tre mesi di trattative viene formato un governo che integra tecnici ed esponenti dei partiti vincitori delle elezioni del 4 marzo. Il Quirinale ottiene lo spostamento del professore Paolo Savona dal Ministero dell'Economia. Si occuperà ora degli Affari europei. Al suo posto ci sarà il capo dipartimento di Tor Vergata, il docente universitario Giovanni Tria. Nello stesso momento, dopo un vertice sui giardini pensili dei gruppi parlamentari di Montecitorio, il leader della Lega Matteo Salvini resiste alla tentazione del 30% da raccogliere subito alle urne e decide di formare il governo Conte insieme al suo amico e rivale Luigi Di Maio, capo politico del Movimento 5 Stelle, con il quale sarà vicepremier. Quest'ultimo guiderà il super ministero del Lavoro, unito a quello dello Sviluppo economico, mentre a Salvini andrà il Viminale, con la gestione degli Affari interni.
La squadra di Giuseppe Conte, il giurista 53enne di Volturara Apulla, paesino di 465 abitanti in provincia di Foggia, avrà 18 ministri, oltre il presidente del Consiglio e il Sottosegretario Giancarlo Giorgetti (delegato allo Sport) con 7 esponenti del M5s, 7 tecnici e 6 leghisti, in un mix fra riconoscimento dei vincitori delle urne ed esperienza professionale. Oltre Salvini, Di Maio, Savona e Tria ci saranno Enzo Moavero Milanesi agli Esteri, già ministro per Mario Monti ed Enrico Letta, Alfonso Bonafede, 42 anni M5s alla Giustizia, Elisabetta Trenta, 51anni M5s esperta di Intelligence e Sicurezza alla Difesa, Giulia Bongiorno (Lega) alla Pubblica Amministrazione. Per gli altri ministeri Giulia Grillo alla Salute, Sergio Costa all'Ambiente, Danilo Toninelli alle Infrastrutture, Alberto Bonisoli ai Beni Culturali, Marco Bussetti all'Istruzione, Riccardo Fraccaro ai Rapporti con il Parlamento, Erika Stefani agli Affari regionali. Ultimi tre ministri che incarneranno l'idea di cambiamento del governo: Barbara Lezzi per lo sviluppo del Sud, Gian Marco Centinaio all'Agricoltura, Lorenzo Fontana per Famiglia e disabilità.
Nel giro di poco è stato fatto tutto, quando sembrava impraticabile un esecutivo puramente tecnico guidato da Carlo Cottarelli. L'ex commissario alla spending review aveva lasciato Roma seguito dagli applausi dei giornalisti, con i quali si era scusato per non aver rilasciato troppe dichiarazioni. Ora ci sarà il giuramento di Conte e dei suoi ministri alle ore 16 di venerdì 1 giugno, dopo 88 giorni di trattative e stallo politico che hanno preoccupato l'Italia e l'Europa, anche se a Bruxelles rimangono opinioni scettiche sul nuovo esecutivo.
Dopo l'opposizione è venuto ora il momento di governare, sia per la Lega dell'era Salvini, sia per il M5s. Luigi Di Maio vuole essere il cambiamento e dovrà anche riuscire a convincere il Paese con un governo che non apra subito la porta a nuove elezioni, che darebbero i leghisti per favoriti. Ci sono coperture finanziarie da trovare, promesse ambiziose da mantenere, ironie del resto del mondo da affrontare. Il governo a base populista dovrà superare le proprie inesperienze e saper frequentare la sala dei bottoni. L'opposizione sarà composta dai frammenti della sinistra rimasti, da Matteo Renzi e dal leader di Forza Italia Silvio Berlusconi, sempre più isolato nel centrodestra, dopo che Giorgia Meloni era pronta perfino a dare la fiducia pur di aver un ministero.
Le prime questioni sul tavolo saranno il rapporto con l'Unione europea, l'applicazione della flat tax, la gestione dell'Ilva di Taranto, il nodo dell'immigrazione, la sfida della sicurezza, la proposta del reddito di cittadinanza da realizzare e la riforma delle pensioni, da mettere in atto con la cancellazione della Legge Fornero. Tutti gli obiettivi del contratto Lega-M5s rappresenteranno una sfida importante per Salvini e Di Maio. Il reggente del Pd Maurizio Martina e Forza Italia aspettano al varco le prime mosse dei ministri. Già gira voce che Giovanni Tria sarebbe pronto ad alzare l'Iva, un decisione doverosa per reperire i 12,5 miliardi richiesti dalla Legge di Stabilità, spostando il gettito delle imposte dirette, come quelle sul lavoro, a quelle indirette.
Lorenzo Nicolao - Agenzia Stampa Italia

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