Freccia Rossa in avaria: oltre 2 ore per recupero. Autorità dei trasporti avvia verifica. Carenze per emergenze e pendolari?

d341 soccorso frecciarossa(ASI) – L’Italia delle Frecce ha subito un nuovo colpo d’immagine. Nella giornata del 17 luglio un treno Freccia Rossa, il 9514 Salerno – Milano, a causa di un guasto,si è fermato in galleria tra Firenze e Bologna. Adesso l’autorità dei trasporti ha disposto l’avvio di una verifica sull’accaduto. Al centro del dibattito, oltre all’analisi di quanto accaduto nel caso specifico, anche l’analisi delle procedure di Trenitalia per far fronte a simili episodi.

Al buio e senza corrente

Lunedì 17 luglio. Viaggiava in ritardo di 13 minuti il Freccia rossa 9514 Salerno - Milano. Partito alle 10:05 da Firenze, poco dopo tutto a bordo è andato in avaria. Una perdita di corrente devastante ha lasciato il treno privo di tutti i servizi di bordo. Niente climatizzazione, porte bloccate, bagni inagibili e niente illuminazione. Ovviamente il treno si è immediatamente inchiodato. Il tutto è avvenuto nella galleria di Castello, sulla linea AV per Bologna. Il personale di macchina ha tentato prontamente  di individuare il guasto, ma viste le condizioni di estremo disagio date dal fatto che l’avaria è occorsa nel bel mezzo di un tunnel, si è dato precedenza all’assistenza dei viaggiatori a bordo. Il personale ha provveduto ad aprire manualmente le porte d’intercomunicazione tra le carrozze, e quelle esterne, onde consentire ai passeggeri di  scendere dal convoglio nel frattempo rapidamente divenuto invivibile. Nonostante ciò una donna ha accusato un malore e si accasciata al suolo senza però riportare conseguenze gravi. Anche altri passeggeri hanno accusato malori meno gravi. La richiesta di soccorso non è stata evasa prima delle ore 11:30, quando un locomotore partito da Firenze Santa Maria Novella ha raggiunto il Freccia Rossa e ha iniziato le operazioni di aggancio e rimorchio per riportare il treno a Firenze. Dopo oltre due ore il convoglio è stato infine ricoverato presso le locali officine, mentre ai passeggeri è stata prestata assistenza e Trenitalia ha provveduto all’imbarco su altri treni Freccia Rossa in partenza per il nord.

Un anno da dimenticare per i Freccia

Un dato oggettivo, peraltro riconosciuto a livello mondiale, è la posizione di assoluta avanguardia degli impianti e del materiale in uso presso Trenitalia ed Rfi (Rete Ferroviaria Italiana). La rete ferroviaria italiana, per quanto concerne le tratte alta velocità, ma anche per buona parte di quelle normali, può vantare sistemi di sicurezza tra i migliori al mondo. Basti pensare che non a caso gli ultimi grandi incidenti ferroviari sul territorio nazionale hanno riguardato ferrovie in concessione a carattere regionale fuori dalla giurisdizione di Trenitalia ed Rfi. Oltre all’avanguardia degli impianti di sicurezza, altrettanto all’avanguardia si sono sempre dimostrate le officine ferroviarie italiane e le fabbriche che, sebbene vendute a grandi gruppi stranieri come Hitachi e Bombardier, hanno mantenuto l’alto livello delle maestranze italiane. Altrettanto qualificato anche il personale di Trenitalia che, sebbene spesso sottopagato, ha dimostra ogni giorno grande professionalità ed impegno. Punta di diamante di questo sistema è la rete AV/AC (alta velocità/alta capacità) e la flotta dei Freccia Rossa che la percorre. Ma allora perché il 2016 ed il 2017 hanno visto proprio la Flotta Freccia Rossa finire alla ribalta delle cronache per guasti, avarie ed incidenti di percorso? Già il 16 dicembre del 2016 un treno Freccia Rossa partito da Firenze alla volta di Bologna aveva sperimentato un singolare guasto al pantografo di captazione elettrica che aveva reso impossibile la marcia verso nord del convoglio. Il Firenze – Milano 9536 era stato dunque fatto retrocedere fino alla stazione di Firenze Santa Maria Novella con un disservizio di oltre 3 ore per i passeggeri. Poco più di un mese dopo, il 27 gennaio 2017, un altro Freccia Rossa, il 9500 Arezzo – Milano Centrale, ha tranciato la linea aerea di contatto presso la stazione di Arezzo bloccando la circolazione ferroviaria del nodo aretino con gravi disagi tanto per i treni ed i servizi di Trenitalia, quanto per quelli di Tft (Trasporto ferroviario toscano). In quell’occasione il ripristino della normale circolazione era stato possibile solo grazie all’intervento di un anziano locomotore diesel D341 della stessa Tft. La locomotiva, vecchia di 55 anni, peraltro di ex proprietà delle Ferrovie dello Stato, è stata l’unica in grado d’intervenire tempestivamente per rimuovere l’ammiraglia di Trenitalia data l’impossibilità per quest’ultima di organizzare il recupero in tempi ragionevoli. Nonostante l’ardito tentativo da parte del personale Tft la circolazione è rimasta anche in questo caso interrotta per più di due ore e i disagi si sono prolungati lungo tutto l’arco della giornata.

Piani d’emergenza: il materiale mancante

In tutti i  casi citati la professionalità del personale di macchina di Trenitalia ha evitato quantomeno conseguenze ben più gravi di qualche ora di ritardo o, al massimo, qualche lieve malore tra i passeggeri. D’altro canto qualunque macchinario, treni compresi, può sperimentare avarie tali per cui il normale esercizio non è più possibile e si deve procedere con soluzioni alternative e piani d’emergenza. Ma se la professionalità dei tecnici e del personale non è in discussione, altrettanto non si può dire dei materiali a disposizione. Se è pur vero che i treni delle flotte Freccia sono progettati e costruiti secondo norme e criteri all’avanguardia tali da ridurre al minimo il rischio di guasti devastanti, Trenitalia negli ultimi 15 anni ha perseguito la politica della dismissione di mezzi, accelerata nell’ultimo decennio a ritmi esponenziali. Così, mentre nei piani d’esercizio giornalieri degli anni precedenti era previsto un adeguato numero di locomotive, carrozze, e treni completi di scorta, oltre ad una turnazione del personale tale per cui era possibile ingaggiare le procedure d’emergenza in tempi rapidi, al momento il personale Trenitalia si trova ad affrontare emergenze con materiali ridotti al minimo. Demoliti interi gruppi di rotabili e accantonati altri che, seppur avevano pochi anni di servizio sulle spalle, sono stati giudicati dall’azienda “scarsamente redditizi”, la flotta di mezzi di scorta è oggi ridotta al lumicino. Non a caso la procedura d’emergenza in caso di treno in avaria prevede quasi sempre l’auto - corsa sostitutiva di autobus appartenenti a BusItalia, cioè al “braccio” della gomma interno a Trenitalia. Non solo la flotta dei mezzi di scorta o accantonati di riserva è ridotta all’osso, ma lo è anche il numero, e la disposizione, del personale di Trenitalia. Il personale di Trenitalia è oggi organizzato secondo una logica pensata per garantire all’azienda la maggior snellezza d’impiego possibile a costi contenuti. Chiaro dunque che in caso d’imprevisti il personale spesso non è numericamente adeguato ad affrontarle.

L’inchiesta dell’autorità dei trasporti

Sta volta però l’autorità di regolazione dei trasporti ha deciso di vederci chiaro. Con una nota informativa ha fatto sapere di “aver avviato una verifica finalizzata ad accertare il rispetto delle procedure previste dal  Prospetto Informativo della Rete per le operazioni di soccorso in linea, nonché l’idoneità del materiale rotabile utilizzato per il servizio”. La stessa autorità di vigilanza ha puntualizzato che il treno viaggiava già con 13 minuti di ritardo prima del verificarsi dell’avaria e pertanto si provvederà anche alla verifica  “dell’assistenza informativa e materiale fornita ai passeggeri sul treno e nelle stazioni successive; dell’applicazione dei risarcimenti per i casi in cui a causa del ritardo il viaggio non è potuto continuare nello stesso giorno, o comunque la sua continuazione non è stata ragionevolmente esigibile nello stesso giorno per via di circostanze contingenti; delle modalità di rimborso adottate da Trenitalia, ed in particolare per il risarcimento del prezzo del biglietto ai sensi del Regolamento (CE) 1371/2007”.

 

 

I Pendolari: fantasmi delle rotaie

Dunque è assai probabile che i passeggeri del Freccia Rossa Salerno – Milano avranno quanto meno il risarcimento di parte dei biglietti dato che la normativa vigente prevede il risarcimento del 50% del costo dello stesso in caso di ritardi superiore ai 120 minuti. Ritardi, avarie e cancellazioni sono però compagni di viaggio anche di un'altra categoria di utenti della ferrovia: i pendolari. In questo caso però la capacitò di Trenitalia di rispondere a  situazioni d’emergenza pare ridursi ulteriormente. I treni regionali, spesso presenti in numero esiguo, viaggiano al limite delle loro capacità, sia in termini di prestazione che si capienza, nelle fasce orarie di punta. In questo caso però Trenitalia, giustamente, puntualizza che tali situazioni di disagio non dipendono dalla compagnia ma dalle commesse delle regioni. “Do ut des”: dare per avere. La legge attuale prevede infatti che tutti i servizi regionali siano a carico delle regioni stesse. Ecco dunque il verificarsi di paradossi all’italiana. In toscana, regione che investe nei trasporti regionali più di ogni altra con 11,70 procapite rispetto al numero degli abitanti, i servizi regionali raggiungono un livello d’eccellenza. Nella confinante Umbria invece, con 3,95 euro procapite, la situazione è invece deficitaria per i pendolari, e non solo. Sempre nella vicina Toscana, in caso d’emergenza, i regionali vengono prontamente sostituiti con altro materiale, oppure scortati da locomotiva di soccorso fino al capolinea, oppure fino alla più vicina stazione per effettuare il trasbordo su latri treni, o su auto-corse sostitutive. Nella vicina Umbria invece il trasbordo su auto-corse non è prassi d’emergenza, bensì spesso consolidata routine giornaliera. Lo sanno bene i viaggiatori dell’ultimo treno regionale della sera in rientro da Roma su Perugia, che a Foligno termina la sua corsa e costringe ogni giorno i passeggeri a salire sugli autobus se vogliono raggiungere il capoluogo umbro. Quando le procedure d’emergenza diventano routine giornaliera finalizzata al contenimento dei costi, non si può fare a meno di pensare se veramente esistano piani d’emergenza per quelli che, da piani d’emergenza, sono stati promossi a normale prassi giornaliera.

Cenusa Alexandru Rares – Agenzia Stampa Italia

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