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Libertà di non ferire

(ASI) La tragica vicenda umana di Loris D’Ambrosio obbliga una riflessione corale sul diritto di espressione a mezzo stampa e sull’etica legata al suo libero esercizio. La Costituzione italiana tutela con l’art. 21 la libertà di manifestare la personale opinione attraverso qualsiasi mezzo e protegge la professione giornalistica da qualsiasi forma di censura e autorizzazioni preventive. Vieta inoltre la pubblicazione e la diffusione di contenuti contrari al buon costume; concetto molto relativo per una società in perpetua trasformazione sotto la spinta incessante della modernità. Le regole giuridiche, anche le più generali come quelle di rango costituzionale che ispirano i principi dell’ordinamento generale, sono incerte per definizione, almeno in via interpretativa, dunque non adatte a fissare criteri inconfutabili di giustezza e correttezza. Sebbene i fatti umani siano ispirati ai valori che sempre e soli spingono all’azione, questi ultimi non sono mai universalmente introiettati nel patrimonio comune, nonostante leggi, convenzioni e trattati. Basti pensare alla sacralità della vita come sommo principio da un punto di vista laico, continuamente oltraggiato e disatteso. E’ inutile dunque affannarsi nel cercare appiglio giuridico contro i comportamenti di quanti si nascondono dietro il diritto di libera espressione, per attentare poi all’incolumità della dignità altrui. Coloro che si fanno giudici ed esecutori dell’onorabilità, sono consapevoli che la morte civile di un giusto equivale alla sua morte fisica. Coloro sanno bene che si può diffamare legalmente e con questo ferire mortalmente, ma non sarà certo un articolo di legge a redimere le loro coscienze. Coloro sanno essere pronti a colpire ancora, chiamati ad alimentare la propria rabbia e le personali frustrazioni. Coloro sanno che davanti ai genocidi di migliaia di donne e bambini, la dignità del singolo appare irrilevante, quasi un peccato veniale di una società senz’anima che svuota le coscienze. Coloro non sanno però, che il sacrificio di un giusto si fa esempio immortale mentre essi si struggono di livore quotidiano perché qualcuno possa ricordare il loro nome nell’edizione del giorno successivo.

 

Fabrizio Torella – Agenzia Stampa Italia

 

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