La faticosa scalata di Draghi, e dell’Italia

(ASI) Chi, tra quell’esercito di mezzecalzette di politici, propone, suggerisce, consiglia, quasi quotidianamente,di mandare Mario Draghi al Quirinale è un pazzo irresponsabile.

Vuol dire che, tra le tante cose, non ha capito, non si è reso conto nemmeno degli impegni gravosi e straordinari che il nostro Paese deve affrontare per ottenere le risorse del Next Generation Eu. E le deve completare nei tempi rapidissimi che, come si sa, a noisono, da sempre,del tutto indigesti, se non proprio sconosciuti. Cambiare, stravolgere, cancellare queste pessime, consolidate abitudini, significa fare una vera, straordinaria rivoluzione.

E la può fare solo Mario Draghi, non solo lasciandolo a palazzo Chigi, ma mantenendogli quella fiducia che a volte vacilla nell’atipica maggioranza,concepita ed attaccata con gli spilli da Sergio Mattarella. Toglierlo da capo del Governo sarebbe una follia. In verità, ho avuto anch’io qualche dubbio sulle modalità di nomina dell’ex presidente della Bce e sulla maggioranza che lo sostiene, ma quando si annaspa tra i marosi non ci si può permettere il lusso di trovare cavilli. L’impresa di cui parlavo può riuscire solo a lui,perché ha i requisiti richiesti per questa che appare, per rischi e difficoltà, come la scalata del Cervino.

La prima dote di Draghi èrappresentata dal bagaglio ricco di esperienze maturate nella sua vita professionale, e il conseguente prestigio di cui gode tra i capi di Stato di (quasi) tutto il mondo. Mario Draghi non è un politico, e come tale non ha un partito, e non è stato eletto, e questo, più che un punto di debolezza, come potrebbe apparire, è, al contrario, paradossalmente, un punto di forza, perché non deve dare conto, e risposte, ai suoi elettori, ma a tutti gli italiani. Inoltre, non ha bisogno delle indennità “miserabili” che gli spettano in quanto presidente del Consiglio, e alle quali rinuncia volentieri, anche perché, altrimenti, dovrebbe mandare indietro il suo sontuoso assegno pensionistico, nettamentesuperiore. Insomma non è lui ad avere bisogno della politica, ma è la politica (e l’Italia) ad avere bisogno di lui.

Questo lo mette nella condizione di poter replicare senza indugi, incertezze e tentennamenti, ma con autoritàe autorevolezza,alle petulanti e, a volte, inopportune richieste dei questuanti di consensi che affollano i palazzi della politica e di cui è circondato.Le recenti,dure risposte,ad altrettante richieste inopportune, date a Matteo Salvini, segretario della Lega, e a Enrico Letta, segretario del Pd, due dei più importanti partiti della maggioranza che lo sostiene, senza sentirsi subito dire che si deve dimettere, dimostrano la posizione di forza che ha acquisito ed è quella che serve per attuare il Piano nazionale di ripresa e resilienza (Pnrr). Un Piano, da fare in tempi strettissimi, dalla riforma della Giustizia a quella delle liberalizzazioni, passando alla digitalizzazione e innovazione, transizione ecologica, inclusione sociale. Tappe ardue e impegnative che servono per uscire dal tunnel dove siamo capitati per colpa nostra e della pandemia. 

Fortunato Vinci – www.lidealiberale.com – Agenzia Stampa Italia

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