Lakers-Miami, molto più di una finale. Storie di uomini, imprese e premi Oscar

ZittiZitti(ASI) Chissà come avrà reagito Jack Nicholson alla notizia dell’eliminazione dei Boston Celtics per mano fatata dei Miami Heat. Molto probabilmente, il pluri premio Oscar avrà festeggiato fino a notte fonda nella sua villa di Mulholland Drive a Beverly Hills. Da accanito sostenitore dei Lakers, Nicholson continuerà  a brindare alla salute di Patrick James “Pat” Riley, attuale presidente dei Miami Heat e suo amico. 

Sarà anche prossimo rivale dei gialloviola nelle finals, ma una vita fa Pat è stato capo allenatore dei Lakers dello showtime. Erano gli anni in cui i Simply Red lanciavano il brano “The right thing”, che sembrava scritto apposta per Pat Riley, Magic Johnson, Kareem Abdul-Jabbar e James Worthy. Come i quattro moschettieri, erano sempre capaci di fare la cosa giusta al momento giusto.

Kawhi Leonard e Paul George, tandem dei Los Angeles Clippers scoppiati come una bolla di sapone nella bolla di Orlando, non erano ancora nati. Pensando al passato, riaffiorano emozioni mai sopite che toccano il cuore, come quelle provate dall’animo nobile di Lebron James, un tempo Prescelto, oggi Re indiscusso della Nba. 

Eppure ci fu un tempo in cui anche Lebron comprese che per conquistare il primo anello, avrebbe dovuto fidarsi un po’ più dei suoi compagni. Capì che l’unione è forza pura, esplosiva, se abbinata alle qualità di Dwyane Wade e Chris Bosh. Una scelta saggia, ma anche dolorosa, quella di trasferire il proprio talento a South Beach, ai Miami Heat che il solito Pat Riley, da buon Re Mida, aveva reso d’oro. 

Alla gioia di Miami, fece da contraltare la disperazione di Cleveland per il tradimento del figlio prodigo. L’autunno in Ohio fu ancor più caldo dei cuori che ardevano di passione a Miami. Canotte numero 23 date in pasto alle fiamme e un tradimento che solo la genialità di Lebron, tornato nuovamente a casa, riuscì a cancellare. 

Lo fece da uomo diverso e dopo aver studiato Nelson Mandela. Se Cleveland non era cambiata, lui sì, e tanto. Era più saggio, più riflessivo, più profondo. Cleveland salì in cima al mondo nel 2016, sulle spalle irrobustite di Lebron in grado, finalmente, di reggere da solo il peso della canotta dei Cavaliers. Oggi è pronto ad entrare in punta di piedi nella storia dei Lakers per sedersi al tavolo delle leggende gialloviola. La benedizione di Black Mamba, che lo guarda con ammirazione dal cielo, non mancherà di certo. Ma occhio a Pat Riley, che a Miami è diventato più famoso di Sonny Crockett e Rico Tubbs. 

Raffaele Garinella - Agenzia Stampa Italia 

Twitter: @RGarinella 

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