Risarcimento del danno. Il novero dei congiunti legittimati attivi: il convivente more uxorio

(ASI) La giurisprudenza dell’ultimo decennio ha riconosciuto la tutela risarcitoria dell’intangibilità delle relazioni familiari in considerazione dell’esistenza concreta degli affetti a prescindere dalla convivenza e dai confini tradizionali della famiglia fondata sul matrimonio (Cass. Civ. Sez. III, 21 marzo 2013 n. 7128), giungendo ad affermare che: “il riferimento fatto ai “prossimi congiunti” della vittima cd. primaria quali soggetti danneggiati iure proprio a cagione  del carattere plurioffensivo dell’illecito, di cui alle decisioni meno recenti, deve oggi  essere inteso nel senso che, in presenza di un saldo e duraturo legame affettivo tra questi ultimi e la vittima, è proprio la lesione che colpisce tale peculiare situazione affettiva a connotare l’ingiustizia del danno ed a rendere risarcibili le conseguenze pregiudizievoli che ne siano derivate.., a prescindere dall’esistenza di rapporti di parentela o affinità giuridicamente rilevanti come tali”.

Le Sezioni Unite della Cassazione con la sentenza n. 9556 del 2002, hanno evidenziato con estrema chiarezza che: “l’attenzione doveva spostarsi dal danno al danneggiato, poiché il problema  fondamentale non era tanto quello della propagazione di un unico danno, quanto quello di individuare le cd vittime secondarie…. Il criterio indicato dalla più recente dottrina per la selezione delle cd. vittime secondarie aventi diritto al risarcimento del danno, è quello della titolarità di una situazione qualificata dal contatto con la vittima che normalmente si identifica con la disciplina dei rapporti familiari, ma non li esaurisce necessariamente dovendosi anche dare risalto a certi particolari legami di fatto. Questa situazione qualificata di contatto identifica dunque la sfera giuridica di coloro che appaiono meritevoli di tutela ed al tempo stesso costituisce limite a tale tutela”.

Sulla base di queste considerazioni, le Sezioni Unite pervennero ad approntare le seguenti linee direttive, che tuttora costituiscono un riferimento valido ed attuale:

  • l’individuazione della situazione qualificata che dà diritto al risarcimento trova un utile riferimento nei rapporti familiari, ma non può in questi esaurirsi, essendo pacificamente riconosciuta in dottrina e giurisprudenza la legittimazione di altri soggetti ( quali ad esempio il convivente more uxorio).
  • La mera titolarità di un rapporto familiare non può essere considerata sufficiente a giustificare la pretesa risarcitoria, occorrendo di volta in volta verificare in che cosa il legame affettivo sia consistito ed in che misura la lesione subita dalla vittima primaria abbia inciso sulla relazione fino a comprometterne lo svolgimento.

Alla luce di tale impostazione è possibile offrire una tutela ai rapporti tra vittima-danneggiato e soggetti legati al primo da un legame di solidarietà, che si fonda non solo su di un rapporto di coniugio ma anche per esempio di mero fatto o convivenza.

Francesco Maiorca – Agenzia Stampa Italia

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