I dubbi (e i conflitti) dei nocchieri in un’Italia in gran tempesta

13929078612677(ASI) “Ahi serva Italia, di dolore ostello, nave senza nocchiere in gran tempesta, non donna di provincie, ma bordello”. Dante Alighieri, quando scrisse la Divina Commedia, qualche secolo fa, non poteva certo immaginare che i suoi versi, come questi del VI canto del Purgatorio, potessero rappresentare, meglio di tante altre parole, le disastrate condizioni dell’Italia del marzo 2019. Ora i nocchieri ci sono, e sono anche due. Profondamente diversi, che vorrebbero seguire rotte e itinerari diversi, in un perenne, sconcertante confronto che spesso sconfina nel conflitto, aspro e greve, all’insegna della massima improvvisazione, sempre al limite della crisi, di nervi prima ancora che politica.


Non si sa se le navi con gli emigranti devono o no attraccare nei porti italiani. E se è o meno legittimo vietare l’attracco alle imbarcazioni dell’Ong. E se il fatto di avere vietato l’attracco alla “Diciotti” significa aver commesso un reato. E ancora: i lavori per il Tav sono cominciati o no? E la galleria visitata da Matteo Salvini è del Tav vero e proprio o si tratta di un semplice tunnel esplorativo? Ma, in fondo, che poi è la cosa che interessa di più, conviene o no farlo? Sì, c’è, finalmente, il rapporto degli esperti su costi – benefici, che dice che è più conveniente non farlo, ma che vuol dire? Niente o quasi, perché si dovrà valutare la questione dal punto di vista politico, che a sua volta fa riferimento al famoso “contratto”. E, allora, perché hanno interpellato – suppongo a pagamento – i tecnici? E’ come andare dal medico per chiedere una diagnosi e un parere e poi decidere affidandosi all’oroscopo. In mezzo a questa Babele sono arrivati i risultati delle elezioni in Abruzzo e in Sardegna. Consensi per il centrodestra, trascinato dalla Lega di Matteo Salvini, e dimezzamento dei voti per i 5 Stelle. Più che una disgrazia una fortuna per i pentastellati. Apparentemente un paradosso. E’, invece, un messaggio preciso a Luigi Di Maio, che forse non credeva ai sondaggi che da qualche mese rilevano un calo di consensi. E dimostrano, a quelli che se lo fossero dimenticato, o non l’avessero ancora capito, che i voti presi il 4 marzo dello scorso anno non sono certi e definitivi, sono legati, strettamente legati, ancora di più per un movimento come quello dei 5 Stelle nato dal nulla, da quello che i parlamentari riescono a fare ora che hanno l’occasione di governare. E finora hanno deluso. E non mi riferisco al fatto che hanno dovuto rivedere molte cose che avevano detto quando facevano l’opposizione: dettagli banali, peraltro ampiamente prevedibili. Interessano, invece, e molto, le decisioni prese e quelle che si stanno per prendere. Perché finora hanno avuto l’abilità di scontentare tutti. Da quelli che vogliono il Tav a quelli che vogliono le trivelle, da quelli che non vogliono i migranti a quelli che vogliono i negozi aperti i giorni festivi. Quest’ultima questione è emblematica. Qual è il vantaggio di questa chiusura? Mi pare ci sia dietro solo una motivazione ideologica. Se ci sono venti milioni di persone che vanno a fare la spesa la domenica e la chiusura metterebbe a rischio 40 mila posti di lavoro, il buonsenso dovrebbe suggerire di lasciar perdere. Come si fa ad insistere su una questione del genere, in fondo di poca, pochissima importanza? Come fanno a non capire che per accontentare qualche centinaio di persone, facendo così ne scontentano milioni? La verità è che finora i 5 Stelle hanno fatto esattamente l’opposto di quello che ha fatto Matteo Salvini per conquistare consensi e voti. Visto che governano insieme potrebbe sembrare una cosa strana; e non lo è, perché Salvini è concreto e pragmatico fino all’esasperazione. In pratica ha fatto poco o niente, ma sembra sempre il salvatore della patria perché le decisioni sono quelle che si aspetta il popolo degli elettori. Ha capito, il ministro e segretario della Lega, che il 90%, o forse più, degli italiani si rende conto che non è possibile accogliere e mantenere (per sempre!) milioni di persone che vengono dall’Africa. Salvini ha capito che tutti o quasi non possono accettare che sconosciuti, delinquenti, vengano a casa per rubare, riempiono di botte chi trovano e nessuno può nemmeno reagire, altrimenti c’è l’arresto per “eccesso di legittima difesa”. E per i derubati, oltre al carcere, è previsto anche il beffardo e intollerabile onere di risarcire i malviventi. Vedere, a questo proposito, l’inchiesta di Panorama. Un affare incredibile: o prendono la refurtiva o il risarcimento, o tutte e due le cose. Solo i bolscevichi - poveretti, sempre sulle nuvole - pensano che sia giusto così. Salvini sta facendo di tutto per consentire (immagino possa, in ogni caso, essere un deterrente) che ognuno in casa propria si possa difendere con ogni mezzo dall’intrusione di estranei, senza rischiare il carcere. I 5 Stelle, sulla questione, hanno, invece, molti dubbi, e scontentano, anche in questo caso, la maggioranza degli italiani. Ecco da dove arrivano i consensi alla Lega. E non importa a nessuno se Salvini sta poco in Parlamento e meno ancora al Viminale, come riporta un’inchiesta del Corriere. Contano le decisioni che prende, finora poche, ma mirate, in perfetta sintonia con la volontà popolare. E ancora c’è qualcuno che non lo ha capito. Mi si può obiettare che i 5 Stelle hanno, però, pensato al reddito di cittadinanza, che interesserà migliaia di famiglie. Anche questo è stato concepito in maniera tale da scontentare tutti lo stesso. Per tante ragioni: dal fatto che la stragrande maggioranza degli italiani è contraria; perché molte di queste risorse andranno agli stranieri; perché in momenti di recessione come questi, il problema non è come trovare il lavoro, e servono a poco o a niente i tremila navigator, peraltro precari; il problema è che il lavoro non c’è, e bisogna crearlo, che è tutta un’altra cosa. Attualmente al ministero dello sviluppo economico ci sono, sotto osservazione, 137 aziende in crisi per non contare le tantissime altre che hanno già chiuso.
Tutto questo mentre a milioni di pensionati si continua a bloccare la misera rivalutazione monetaria del compenso, per adeguamento al costo della vita. Basterebbero solo queste semplici considerazioni per rendersi conto che gli italiani continuano ad avere tanti buoni motivi per essere arrabbiati come erano, o forse di più, il 4 marzo di un anno fa. Perché non hanno visto nulla del cambiamento che si aspettavano e per cui hanno votato Di Maio e i 5 Stelle. Non solo, le cose vanno peggio. Gli indici sul Pil e sulla crescita sono negativi e scoraggianti, il debito pubblico aumenta, così come la pressione fiscale. Gli altri Paesi europei non stanno molto meglio, ma noi siamo all’ultimo posto. E allora è necessario capire se alcuni interventi di politica economica, appena decisi dal governo, saranno in grado di porre un argine alla “recessione tecnica”. Il presidente del Consiglio, Giuseppe Conte e i due vicepresidenti e ministri, Luigi Di Maio e Matteo Salvini asseriscono, con temeraria convinzione, che appena entreranno in circolo i due “vaccini” da loro ideati, vale a dire il reddito di cittadinanza e i pensionamenti con il fattore 100, l’andamento dell’economia troverà nuovo vigore e ci sarà addirittura un boom “bellissimo”. Speriamo, ovviamente, che abbiano ragione. Ho, tuttavia, qualche dubbio sull’efficacia della manovra di bilancio, peraltro bocciata, come risulta da un sondaggio, dal 54% degli italiani.
I dati sulla mancata crescita indicano un calo significativo ed importante nella diminuzione della domanda interna, ciò vuol dire che gli italiani hanno frenato gli acquisti di beni e servizi. Anche con i saldi, le vendite sono diminuite del 20%. In questa situazione è necessario intervenire per sostenere la domanda, far crescere la produzione e, con essa, i posti di lavoro, altrimenti il famoso Pil, che indica il valore dei beni e servizi prodotti in un anno, rischia di rimanere ancora negativo. Incrementare la domanda, dunque, è il principale presupposto per la crescita. Lo potranno fare le famiglie disagiate con il reddito di cittadinanza e i prossimi nuovi pensionati che comunque prenderanno meno (il 20% secondo l’Inps, il 16% per il governo) ogni mese, rispetto allo stipendio? Penso di no. O comunque non lo potranno fare in maniera tale da invertire la tendenza. La cosa più importante doveva essere, invece, un drastico e deciso taglio dei tributi ad una pressione fiscale insopportabile, come diciamo e scriviamo da più di un lustro e come si rendono conto tutti coloro che pagano i tributi fino all’ultimo centesimo.
La flat tax (tassa piatta) era nel programma elettorale del centrodestra, quindi anche della Lega, solo che finora è stata accantonata, se non per alcune categorie. Invece doveva essere il primo provvedimento da fare.
Se sullo stipendio e sulla pensione il 75 % va per i tributi, rimane poco per gli acquisti. Vi sembra una percentuale elevata, il 75% ? No, è arrotondata, ma per difetto. Vediamo perché. Si pagano una decina (!) di patrimoniali. Con l’Irpef, nella dichiarazione dei redditi, ci sono da pagare le addizionali comunali e regionali. L’imposta comunale si paga addirittura in anticipo, così che gli eredi dei congiunti, morti nel corso dell’anno, avrebbero diritto al rimborso da parte dei comuni, cosa che naturalmente non avviene. Sull’abitazione, ci sono pure la Tari e la Tasi e poi l’Iva. Qualche sostanziosa accisa c’è pure sulle bollette della luce, del gas, sull’assicurazione. Non dimentichiamoci del canone per la televisione, che quel genio, incompreso, di Matteo Renzi ha coattivamente fatto inserire nella bolletta dell’energia elettrica. E’ come andare a comprare un antibiotico e t’impongono di comprare e pagare anche un deodorante. Quello offerto dalla Rai è un servizio rigorosamente pubblico quando si tratta d’imporre l’obbligo di pagare il canone, ma il servizio diventa privato (anche troppo) quando è il momento di stipulare contratti vergognosamente milionari a conduttori e artisti. Sarebbe inconcepibile in un Paese normale. Poi c’è l’Iva sugli alimenti, pure su quelli di prima necessità. Sul pane e sulla pasta (4%) sulla carne e sul pesce (10%), e se si compra l’acqua in bottiglia, perché quella del rubinetto non è potabile, l’aliquota arriva addirittura al 22%. E ci sono - sarebbero intollerabili per i gilet gialli francesi che sono scesi in piazza per molto meno - le beffarde ed illegittime, al limite della truffa, 17 (diconsi diciassette) accise che gravano pesantemente sul costo dei carburanti. Quando si va con l’automobile a fare il rifornimento di carburante sembra di andare all’Agenzia delle Entrate. Il costo del carburante è il 36%, le tasse il 64%. Si pagano per finanziare - tenetevi forte - la guerra d’Etiopia, i danni del Vajont, la ricostruzione per il terremoto del Belice, i danni per l’alluvione di Firenze, e per altri 13 guai nazionali del passato, con altrettanti aliquote, tasse che entrano nell’imponibile e su cui si calcola l’Iva del 22%: la tassa sulle tasse!
“La prima cosa che faremo - aveva detto in campagna elettorale Matteo Salvini - sarà quella di dare una sforbiciata alle accise sui carburanti”. Siamo ancora in trepida e speranzosa attesa. Il ritardo forse è dovuto al fatto che non ha ancora trovato la tuta da benzinaio della sua taglia, per dare, con la solennità che merita, un annuncio così importante.
Fortunato Vinci - Agenzia Stampa Italia

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