Democrazia ed UE. Alcune considerazioni dopo le elezioni italiane.

(ASI) La UE ha condannato recentemente l’Ungheria e si è ingerita pesantemente nelle elezioni italiane con dichiarazioni inopportune della Ursula Von der Leyen. Possiamo porci alcune domande sul rapporto fra UE e democrazia.

Nel 2015 la Grecia si trovava in grave crisi finanziaria e la UE intervenne con misure che colpirono pesantemente la popolazione. Propose delle misure che la Grecia avrebbe dovuto assumere per avere il sostegno europeo. Il governo greco presieduto da Alexis Tsipras indisse un referendum per chiedere alla nazione se le condizioni poste dalla cosiddetta trojka, cioè dai rappresentanti della Commissione europea, della BCE e del Fondo Monetario Internazionale, erano accettabili per risolvere la crisi finanziaria della Grecia. Le proposte della trojka furono respinte a larga maggioranza ma il governo Tsipras,  nonostante il mandato popolare, non riuscì ad evitare i diktat della UE che furono successivamente approvati in Parlamento con i voti della opposizione di destra. Nella successiva tornata elettorale del 2019 prevalsero i partiti “europeisti” di destra che si erano opposti al referendum e che avevano garantito poi a Tsipras la maggioranza in Parlamento per approvare le proposte europee.

Non c’è niente di peggio infatti di un governo che promuove una consultazione popolare per poi non dar seguito in niente a ciò che aveva promesso. Perché questo sia avvenuto richiederebbe un’analisi approfondita che non è qui il caso di fare. È evidente però che Tsipras si avvio in una strada senza prevedere la necessità di risposte straordinarie ad una situazione straordinaria. Il ministro della economia Yanis Varoufakis, che lo sostenne in quelle scelte, lo abbandonò subito, e ora fa conferenze e scrive libri, frequentando il mondo anglosassone della finanza che fu all’origine della crisi greca.  

È  interessante vedere come in quella occasione un partito di estrema destra, Alba dorata, appoggiò la posizione di Tsipras al referendum. È un segno di come le nuove realtà conseguenti alla crisi economica cancellano vecchi posizionamenti e aprono nuovi scenari. Un rischio simile lo abbiamo in Italia dopo le elezioni del 25 settembre 2022. È evidente che l’opposizione al governo Draghi ha premiato fortemente il partito di Giorgia Meloni. Nonostante i media esaltassero  ogni momento la cosiddetta “agenda Draghi” ed lo stesso presidente del consiglio, il migliore, il popolo italiano ha dimostrato di non aver gradito le sue politiche che hanno causato inflazione, aumento delle bollette energetiche, recessione imminente e coinvolgimento della Italia in una guerra contro la Russia per sostenere l’Ucraina, un paese che non è parte né della UE , né della NATO.

Le conseguenze di queste politiche si evidenzieranno di più nel prossimo futuro, anche in conseguenza dell’atto di guerra che ha causato il blocco del North Stream 1 e 2, indebolendo la Germania che è la spina dorsale economica della UE. Si è trattato di vero e proprio attacco, probabilmente effettuato da un paese occidentale, contro una struttura strategica europea in acque internazionali. Sembra infatti assai difficile che i russi abbiamo avuto la possibilità di agire, per altro contro il proprio interesse, in un’aerea fortemente controllata dalla NATO. Mentre da una parte abbiamo una evidente avversione popolare in Italia e in altre parte di Europa, contro le conseguenze delle politiche della Commissione e della NATO, il rischio è, come in Grecia, anche all’Italia siano imposte scelte opposte quelle preferite dagli elettori. La strada della UE per conseguire questo obiettivo potrebbe essere quella dell’inserimento di Ministri ”tecnici” in ministeri chiave che continuino le disastrose politiche di Draghi. Sarà molto difficile trovare una via che, da una parte eviti un contrasto frontale con l’atlantismo invasivo e violento che caratterizza questa fase storica, e dall’altra non porti a scelte contrarie all’interesse nazionale. Sarebbe molto importante in primo luogo garantire l’unità del centrodestra e trovare altri appoggi in settori chiave del paese come la magistratura ed il mondo delle imprese. L’Ungheria è un buon esempio di come una nazione possa difendere i suoi interessi vitali. Auguriamo a Meloni un buon lavoro per l’Italia.

Vincenzo Silvestrelli 

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