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L’Italia e la Nato: una scomoda sudditanza

(ASI) La principale alleanza militare che vede coinvolta l’Italia è quella legata al Patto atlantico ed alla Nato. Si iniziò a parlare di un nuovo patto militare tra gli Usa e i Paesi europei legati a Washington verso la fine degli anni ’40.

Nel gennaio 1948 il ministro degli Esteri britannico Ernest Bevin suggerì una formula di “unione occidentale” consistente in un sistema di accordi bilaterali, citando in proposito quello siglato l’anno precedente, in chiave anti tedesca, dal suo Paese con la Francia. Il 17 marzo del ’48 i rappresentati dei Paesi del Benelux, ovvero Olanda, Belgio e Lussemburgo, della Francia e della Gran Bretagna a Bruxelles firmarono un trattato che impegnava i contraenti a costituire un sistema di difesa comune. Nella stessa estate esperti statunitensi e canadesi iniziarono ad assistere alle riunioni dei cinque Stati che avevano firmato il citato l’accordo; già nel settembre successivo fu istituita l’Organizzazione di Difesa dell’Unione occidentale che si prefiggeva di aprire le proprie porte, a breve e medio termine, anche agli Usa e a membri del Commonwealth britannico. L’11 giugno dello stesso anno infatti il Senato di Washington aveva approvato a larghissima maggioranza, 64 voti contro 4, la Risoluzione Vandenberg che autorizzava il governo a stelle e strisce a concludere alleanze militari in tempo di pace fuori dal continente americano, in pratica riscrivendo tutta la politica estera statunitense e gettando le basi per quella che oggi noi tutti conosciamo.

Il 4 aprile del 1949 venne ufficialmente siglato il Patto Atlantico; insieme all’Italia firmarono l’intesa i cinque paesi del Tratto di Bruxelles, gli Usa, il Canada, la Norvegia, la Danimarca, l’Islanda e il Portogallo.
Quel giorno in pratica Roma firmò una nuova resa militare agli yankee delegandole ogni decisione relativa all’impiego delle nostre truppe.
Giunti nella Penisola nel 1943, tutt’oggi i soldati yankee sono presenti in circa 100 installazioni militari a loro più o meno completa disposizione. Da qui negli ultimi anni sono partiti uomini e mezzi nord americani chiamati a combattere nell’ex Jugoslavia, nel Golfo Persico ed in Afghanistan. In due di queste basi, Aviano e Ghedi Torre, sono stipate circa un centinaio di testate atomiche, in aperto contrasto con il trattato di non proliferazione nucleare ratificato in passato dal nostro Paese.
Tutto ciò oltre ad avere dei costi, l’Italia in qualità di membro ovviamente contribuisce al bilancio dell’alleanza, comporta anche dei precisi doveri. Dove la Nato, divenuto ormai il braccio armato della politica estera di Washington, decidere di intervenire con missioni umanitarie o di pace il nostro Paese, nonostante il consueto gioco delle parti tra centrodestra e centrosinistra che ogni sei mesi prorogano queste missioni, le nostre truppe sono chiamate ad intervenire.
Attualmente, aprile 2010, 8324 soldati italiani sono presenti in 20 Paesi stranieri impegnati in 27 diverse missioni.
Il mondo in cui la Nato è sorta ormai non esiste più, e sempre più Paesi aderiscono a questa alleanza; tuttavia l’importanza della Penisola è rimasto immutato. Negli anni ’50 del secolo scorso l’Italia era posta a ridosso della Cortina di ferro e quindi serviva per poter intervenire tempestivamente in caso di conflitto con il blocco sovietico. Ora che l’attenzione della politica estera e militare della Casa Bianca è rivolta verso lo scenario vicino e medio orientale l’Italia rimane centrale nello scenario geopolitico e, considerando anche l’instabilità della regione africana e la sua vicinanza con il nostro meridione, la situazione non sembra destinata a mutare in un futuro prossimo, anzi.
Non a caso Oltreoceano ci chiamano la Portaerei Italia, considerandoci il posto più comodo da dove far partire i loro top gun e dove stipare uomini e mezzi, non a caso a breve a Vicenza, nella caserma Ederle, arriveranno soldati a stelle e strisce precedentemente di stanza nella base tedesca di Ramstein che con la caduta del Muro di Berlino e la fine della Guerra fredda ha perso gran parte della propria importanza, anche perché Paesi precedentemente compresi nel blocco sovietico, come Polonia ed Ucraina, sono sempre più attratti dalla politica di Washington e, di conseguenza, permettono agli Usa di avvicinarsi sempre più a Mosca e pongono anche meno limiti all’operatività delle truppe a stelle e strisce.
Sebbene questa sia l’alleanza militare più longeva e potente della storia, la grave crisi economica che ha colpito tutta l’economia globalizzata non gli ha fatto sconti e si è fatta sentire.
Nel febbraio scorso ad Istanbul si è svolto il vertice dei ministri della Difesa dell’Alleanza atlantica avente ad oggetto il deficit dell’organizzazione che ha ormai raggiunto i 400 milioni di euro. Tutti i membri hanno manifestato l’intenzione di fare la propria parte per appianare il debito, con il titolare di Palazzo Baracchini, Ignazio La Russa, che ha anticipato per l’Italia un aumento della nostra contribuzione di 8 milioni di euro, a breve quindi per noi arriveranno nuovi tagli alla spesa pubblica a tutto vantaggio di quelle militari, per giunta senza dare nulla in cambio agli italiani.

 

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