Come cambiano i simboli del potere imperiale romano tra II e III secolo d.C.: da Cibele al Sol Invictus

monetaromana(ASI) Roma - Tra il I e il III secolo d.C. si assiste in seno all'Impero Romano che aveva il suo fulcro nel Mediterraneo, al tentativo di inglobare nello Stato e nella società romana gran parte dei popoli assoggettati che con la "Constitutio Antoniniana" otterranno la cittadinanza romana con la fine di fatto del privilegio giuridico per gli abitanti dell'Italia e per le città dotate dello Ius Italicum.

 

Molto importante per comprendere questi fenomeni storici, come in ogni società antica, il ruolo della religione e della simbologia su cui si basava la propaganda del potere imperiale che cambia fra II e III secolo d.C., momento cruciale nella storia romana, sia per la grave crisi economica, sociale e demografica, causata dalla Peste Antoniniana che dal 166 d.C. decimò la popolazione dell'Impero, sia per la fine della fase espansiva dei confini dell'Impero, sia per la estensione della cittadinanza a tutti gli abitanti dell'Impero tranne i dediti.  nel 212 d.C. con Caracalla.

Importante analizzare come cambia la simbologia utilizzata per il culto di Roma e dell'Imperatore, in particolar modo quella rappresentata sulle monete che erano il veicolo più capillare della propaganda del potere imperiale, perché con i commerci raggiungevano anche le più remote province dell'impero.

In quest'ottica, molto importante notare in associazione con quale divinità si fanno rappresentare  ad esempio, gli Imperatori Antonini Adriano e Antonino Pio nel II secolo d.C., rispetto alla simbologia divina utilizzata sulle monete dagli Augusti  della famiglia dei Severi come Eliogabalo o da Aureliano nel III secolo d.C..

Gli Augusti del II secolo, epoca in cui l'Impero aveva ancora nell'Italia e nella  classe senatoria la sua colonna portante, si fanno rappresentare con la corona d'allora sul capo dei Cesari e l'Italia turrita rappresentata dalla Gran Madre Cibele seduta sul mondo che domina con da una parte lo scettro del potere, dall'altra una cornucopia simbolo di abbondanza. La corona turrita rappresenta probabilmente le città italiane e di Jus Italicum. Dunque Cibele con la corona turrita rappresenta la Gran Madre, l'Italia, e ovviamente Roma. La Gran Madre, con vari nomi, era adorata in tutto l'Impero, come ad esempio Iside in Egitto, Opi, Angizia, Dea Bona e tanti altri.

Gli Imperatori del III secolo si fanno rappresentare con la corona solare e con simboli del Sol Invictus, del Dio sole dall'altra faccia della moneta che può sincretisticamente rappresentare Giove, ma anche Apollo, Mitra, il dio sole degli Egizi, e addirittura anche Cristo che viene spesso rappresentato con la luce solare dietro. Questo perché gli Imperatori del III secolo per avere consensi e legittimità in un mondo romano ricco di fermenti religiosi, soprattutto ad Oriente, cercavano di utilizzare simboli condivisi da tutti che potevano impersonificare Roma e il potere imperiale e avevano trovato nel sole il migliore dei simboli possibili per preservare la "Pax Deorum".

Ma, facciamo un passo indietro e spieghiamo il perché venivano usati proprio questi simboli e quale significato hanno: la Gran Madre Cibele nel II secolo e il Sol Invictus nel III secolo.

 La Gran Madre Cibele è una divinità di origine anatolica raffigurata seduta solitamente su un trono con in testa  una corona muraria delle città del mondo. In mano ha di solito uno scettro simbolo del potere  di vita, una cornucopia che rappresenta l'abbondanza, un tamburo usato per le sue cerimonie e due leoni ai lati a lei sottomessi.

Il suo culto arrivò in Italia nel 204 a.C. durante la Seconda Guerra Punica, a seguito dell' alleanza di Roma con Pergamo, quando, per volere dei Libri Sibillini,  venne trasferita nell'Urbe la Pietra Nera della Dea proveniente dalla città frigia di Pessinunte e collocata provvisoriamente nel "Tempio della Vittoria" e alla fine la vittoria romana ci fu: a Zama le legioni sconfissero Annibale il 19 ottobre 202 a.C., anno in cui ci fu anche un buon raccolto dopo anni magri dovuti alla guerra sul suolo italico. Il 4 aprile del 191 a.C., tredicesimo anniversario dell'arrivo a Roma della Pietra Nera di Cibele venne inaugurato il tempio dedicato alla Dea e furono istituite le Megalesia, festività a lei dedicate celebrate dal 4 al 10 aprile. 

Alla Dea Cibele fu attribuita anche la vittoria di Gaio Mario contro i Teutoni, così la Gran Madre salvò per la seconda volta Roma e l'Italia ed entrò nel cuore di tutti i Romani.

Nel I secolo d.C., la Gens imperiale Giulio - Claudia tributò ad essa grandi omaggi e nel II secolo d.C., quando pressoché erano finite le guerre di conquista romane e bisognava trovare un simbolo dell'unità religiosa dell'Impero che fosse condiviso da tutti, senza  irritare l'elemento italico e senatorio,  questo simbolo fu trovato in Cibele che rappresentava l'Italia Turrita e sincretisticamente la Dea Roma.

 Il primo imperatore che rappresentò l'Italia Turrita su una moneta fu Adriano. Ma ancora di più fece Antonino Pio che rappresentò l'Italia Turrita (impersonificata in questo caso anche con la Dea Roma) con lo scettro del comando e la cornucopia dell'abbondanza di Cibele, seduta su un globo simbolo del potere sul mondo, di Roma e dell'Italia. Coniarono monete simili Marco Aurelio, Commodo, Settimio Severo e Caracalla, dopo di cui, con la estensione della cittadinanza, la concezione italocentrica dell'Impero venne meno e si iniziò a utilizzare l'icona del Sol Invictus, al posto dell'iconografia di Cibele, della Dea Roma e dell'Italia Turrita. 

Con lo status di cittadino romano concesso da Caracalla anche agli abitanti delle Province iniziano le raffigurazioni delle monete imperiali col Sol Invictus, culto che era comune a pressoché tutti i credi religiosi dell'Impero e che acquisì particolare importanza con Eliogabalo proveniente dalla siriana Emesa, altro imperatore della Gens dei Severi, prima dinastia imperiale non di origine latino - italica. Egli fece costruire un tempio della divinità solare Elagabalus Sol Invictus sul Palatino, incontrando una forte opposizione della componente tradizionale senatoria che nel 222 d.C. lo fece assassinare. Il periodo della dinastia dei Severi probabilmente rappresenta l'epoca di maggiore romanizzazione dell'ecumene romano, processo che però trovò la ferma opposizione dell'elemento italico - senatorio, che era rappresentato a livello religioso dai culti tradizionali del Pantheon romano, con cui per tutto il terzo secolo si scontrarono i culti religiosi orientali che spesso erano appoggiati dall'usurpatore del trono di turno nel marasma generale del Terzo Secolo in cui guerre civili, carestie e malattie portarono alla crisi dell'Impero che sembrava sull'orlo del collasso. É in questa situazione critica che offuscò il mito dell'invincibilità di Roma e incrinò definitivamente il potere della nobilitas senatoria che venne sempre più esautorata che il Cristianesimo trovò terreno fertile per affermarsi. Con la morte di Eliogabalo non finì l'importanza politica del culto del Sol Invictus e molti imperatori per quasi un secolo continuarono a far coniare monete con la loro effige e la corona radiata solare sul capo. Essi proponevano un accentramento dei vari culti imperiali nella figura del Sol Invictus in cui si potevano riconoscere tutti al fine di ristabilire la "Pax Deorum" incrinata dai culti monoteistici, misterici e salvifici che dall'Oriente si stavano man mano diffondendo in tutto l'Impero.

Uno degli imperatori fautori di una teocrazia solare fu Aureliano che nei suoi cinque anni di imperium costruì una nuova cinta muraria intorno a Roma e sconfisse Tetrico nelle Gallie e la Regina Zenobia del Regno di Palmira in Siria grazie all'aiuto provvidenziale della città stato di Emesa, ristabilendo l'unità dell'Ecumene Romano. Egli attribuì la vittoria e la riunificazione dell'Impero all'intercessione del Dio Sole di Emesa a cui dedicò un tempio sul Quirinale nel 274 d.C., istituzionalizzando i Potifices Solis Invicti e coniando delle monete commemorative in cui il Dio Sole come Mitra era rappresentato come un giovane sbarbato.

Anche l'Imperatore Costantino I, all'inizio del IV secolo, in qualità di Pontefice Massimo, raffigurò sulle monete con la sua effige il Sol Invictus con l'iscrizione "Soli Invicto Comiti" (Al Compagno Sole Invincibile). Egli, nel 330 d.C., in qualità di Isapostolo e di ideatore dell'ideologia del "Cesaropapismo" (l'Imperatore massima guida religiosa come nelle monarchie teocratiche orientali) fece corrispondere la nascita di Gesù Cristo col Natale del Sol Invictus nell'ennesimo tentativo di unire in un unico monoteismo solare tutti i culti praticati nell' impero. Stesso procedimento venne fatto con il primo giorno della settimana che da giorno dedicato al sole, divenne poi la domenica. Ma con l'intransigenza intollerante di Ambrogio Vescovo di Milano e con la sottomissione all'alto prelato dell'Imperatore Teodosio I, questo progetto di integrazione sintetica interreligioso fallì e l'Impero fortemente indebolito nelle sue fondamenta ideologiche crollò ad Occidente nel V secolo.

Cristiano Vignali - Agenzia Stampa Italia

 

Fonti: 

- Historia Augusta

- Nicoletta Bazzano, "Donna Italia. L'allegoria della Penisola dall'antichitá ai giorni nostri" Costabissara, Angelo Colla Editore, 2011 

Nella foto: si vede la differenza fra l'effige imperiale sulla monetizzazione del II secolo rispetto a quella del III secolo d.C.. In particolare, nella moneta sotto é rappresentato l'Augusto Antonino Pio (138 - 161 d.C.) con la corona d'allora dei Cesari e l'Italia Turrita, rappresentata dalla Gran Madre Cibele  seduta sul globo che regge da un lato uno scettro simbolo del potere, dall'altro una cornucopia simbolo dell'Abbondanza. Nell'altra moneta sopra Caracalla (198 - 217 d.C.) viene rappresentato con la corona radiale del sole e dall'altra parte il Dio Sole che regge un globo in una mano.


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