Covid, la denuncia di una mamma: “Mio figlio in lockdown per la disorganizzazione Asl Ravenna”

(ASI) Tutto è partito da una cena tra amici, in pieno agosto, a Ravenna. Un commensale aveva sintomi influenzali. Il medico gli ha consigliato di effettuare un tampone ed è risultato positivo al Covid.

“Mio figlio, anche lui presente alla cena, ha effettuato, in privato e a pagamento a Monza, il tampone ricevendo l’esito dopo poche ore. Si era ammalato di Coronavirus, ma non manifestava sintomi. E’ tornato a casa e si è messo in isolamento”. E’ la testimonianza di Alessandra Galletti ai microfoni di Agenzia Stampa Italia. “Il ragazzo – aggiunge la mamma del giovane al nostro quotidiano online – viene segnalato all’Azienda Sanitaria Locale dall’amico che aveva organizzato la cena. Finito il periodo di quarantena stabilito, mio figlio non è stato contattato dall’Asl. Ho chiamato per vari giorni i 4 numeri di telefono, che fanno capo alla struttura della città romagnola, senza ricevere alcuna risposta. E’ probabile che fossero staccati”. La donna si è attivata per risolvere la situazione, dal momento che aveva saputo che l’Asl non poteva riconoscere gli esiti dei tamponi eseguiti in privato e la quarantena fiduciaria in caso di positività. “Sono andata di persona. Ho chiesto ai carabinieri di parlare con la responsabile. Gli agenti mi hanno detto che non poteva ricevermi, in quanto era troppo impegnata e che dovevo continuare a comporre i recapiti telefonici di cui ero già a conoscenza. Sono giunta così in ospedale, ma nessuno mi ha dato ascolto, se non una signora che mi ha liquidata in fretta. Mi sono rivolta al medico di famiglia che è riuscito a farsi dare, dietro pressioni, il numero di cellulare di una dottoressa dell’Asl. Ho potuto chiamarla, ma non è riuscita a trovare la scheda anagrafica di mio figlio. Quest’ultimo ha deciso così di spedire una mail per poter eseguire il tampone di controllo, dopo oltre venti giorni da quello effettuato privatamente e la richiesta di intervento all’Asl. Tutti i suoi sette contatti sono stati chiamati il giorno successivo, ma nessuno si è recato presso la struttura in quanto erano risultati negativi. Anche mio figlio ha ottenuto lo stesso riscontro quindici giorni fa, ma nelle 48 ore successive è tornato ad essere positivo. Ha chiesto spiegazioni in merito e i medici gli hanno risposto di accontentarsi, perché ci sono persone che rimangono positive oltre i tre mesi. Lavora ora da casa poiché non può uscire a causa di tutto ciò. Non ha più una vita normale per tali disguidi causati da una emergenza apparentemente senza fine e da una sanità che fa acqua da tutte le parti”.

Marco Paganelli – Agenzia Stampa Italia

 

 

 

 

 

 

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