Finiscono in un cul-de-sac Tavecchio e Gravina con la questione della Vibonese

caffo(ASI) Si potrebbe concludere venerdì prossimo 15 settembre (ore14) l’odissea estiva della Vibonese, tra studi legali, ricorsi e sentenze (vedi anche “L’estate kafkiana della Vibonese”).  
Per quella data, infatti, il presidente del Collegio di Garanzia dello Sport del Coni, Franco Frattini ha disposto che l’udienza relativa al ricorso presentato congiuntamente della Federazione Italiana Gioco Calcio, in persona del presidente Carlo Tavecchio e dalla Lega Calcio Professionistico (Lega Pro) in persona del presidente Gabriele Gravina, contro la società u.s. Vibonese s.r.l. nonché nei confronti della Procura federale della Figc, della Procura generale dello Sport c/o Coni e della società Acr Messina si terrà dinanzi alle Sezioni Unite”. Mi pare una decisione saggia. Frattini, si è reso conto che la questione è estremamente delicata e non vuole essere da solo a decidere perché non c’è alcun dubbio che qualunque sia la decisione avrà pesanti ripercussioni per l’immagine dei protagonisti di questa storia che getta ombre pesanti sul modo di gestire il calcio.

Riassumo brevemente. Durante lo scorso campionato di Lega Pro era corsa voce che l’iscrizione al campionato dell’Acr Messina, non fosse regolare, tanto che a gennaio 2017 la stessa Procura Federale della Figc aveva chiesto al Tribunale Federale nazionale l’esclusione dal campionato del Messina. I giudici, però, dopo quattro mesi, praticamente a campionato finito, hanno respinto la richiesta della Procura perché non avevano trovato “gli elementi per dire con certezza che la polizza sottoscritta il 31 gennaio 2017 non era stata pagata”. Tutte le persone dotate di buon senso si rendono conto, senza per questo dover essere giudici, dell’anomalia della decisione. Perché non può esistere l’incertezza nei pagamenti: o ci sono o non ci sono. Per il Tribunale - una perla giuridica di straordinaria originalità - non si sa. Nel frattempo il Messina conclude il campionato con la salvezza mentre la Vibonese, costretta ai play out, perde e retrocede in serie D. La retrocessione appare subito, al presidente della società rossoblù Pippo Caffo e ai suoi più stretti collaboratori, una clamorosa ingiustizia: il Messina, che non poteva nemmeno partecipare al campionato si era salvato e la Vibonese in regola con i pagamenti, si ritrovava tra i dilettanti. Qualcosa non quadrava. Non quadrava soprattutto il fatto che i controlli non erano stati fatti. Il Consiglio Federale, quando la Covisoc, vale a dire l’apposita commissione di vigilanza sulle società di calcio professionistiche, che ha poteri consultivi, di controllo e di proposta, segnala ritardi nei pagamenti, penalizza le società (il Perugia, uno dei tantissimi esempi, qualche anno fa, per un pagamento avvenuto con il ritardo di qualche ora, è stato penalizzato di un punto) fino ad escluderle dal campionato. Non si capisce come e perché sia sfuggita ai controlli la situazione del Messina. E’ stato inevitabile proporre ricorso. Non si è trattato di una rivincita o peggio di un banale capriccio, ma di un obbligo, un dovere, nei confronti dei tifosi e della città. Ma il ricorso è respinto: ritenuto addirittura inammissibile con motivazioni discutibili dal solito Consiglio Federale. Il presidente Pippo Caffo non si rassegna, e con i suoi legali ricorre alla Corte Federale d’Appello che a sua volta ordina alla Lega Calcio la presentazione di tutta la documentazione relativa al Messina. Questa volta sembra fatta: la Corte vede le carte (carta canta!) e decide nell’unico modo possibile. Retrocede il Messina all’ultimo posto in classifica, salva la Vibonese e ordina la riammissione del club calabrese in serie C. Passa qualche giorno perché si aspetta che la Figc e la Lega prendano atto di quanto avvenuto e decidano di conseguenza. Anche perché – e questo non è affatto un dettaglio – il Messina, per problemi finanziari, non si è potuto iscrivere al campionato di C e quindi non è interessato alla questione, è già in D nel campionato dilettanti. Invece succede, come ho scritto all’inizio, che la Figc e la Lega, impugnano la decisione davanti Collegio di garanzia. E già questa è una grave anomalia perché vuol dire che Tavecchio e Gravina non accettano e non condividono l’operato della Corte Federale d’Appello. Così facendo ne minano, in qualche modo, la credibilità e l’autorevolezza. Nel merito mi sembra quindi una decisione sbagliata e infelice; ma mi pare che non ci siano nemmeno gli elementi da far valere sotto il profilo della legittimità: né la Figc né la Lega hanno interessi legittimi da tutelare e quindi mi pare manchino del tutto i presupposti per fare ricorso. Il Collegio di garanzia venerdì prossimo potrebbe respingere il ricorso con questa motivazione. E sarebbe una gigantesca e intollerabile figuraccia per Tavecchio e Gravina, che ormai si sono infilati in una vicolo cieco, appunto in un cul-de-sac. Non ne uscirebbero bene nemmeno se fossero parzialmente accolte le loro richieste, perché Pippo Caffo, lo ha già detto e ripetuto un’infinità di volte, si rivolgerà al Tar del Lazio e, se serve, anche al Consiglio di Stato e a Strasburgo. Ma in questo caso non ci sarebbero vincitori, ma un solo sconfitto: lo sport. Che fare? Forse ci sarebbe una soluzione, un misto di pragmatismo e buon senso: prima di venerdì, Tavecchio e Gravina potrebbero ritirare il ricorso e recepire la decisione della Corte federale, con la Vibonese in serie C e la fine della querelle. La Vibonese recupererà, con partite infrasettimanali, con le squadre che hanno finora riposato, vale a dire Sicula Leonzio, Juve Stabia, Bisceglie e Casertana, e comincerebbe domenica 24 settembre con il Trapani. E’ pretendere troppo?

Fortunato Vinci – Agenzia Stampa Italia

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