×

Attenzione

JUser: :_load: non è stato possibile caricare l'utente con ID: 113
Paolo Rossi racconta il suo 1982 , Presentato a Perugia “Il mio mitico mondiale”
(ASI) Perugia - Galeotto fu ‘l libro e chi pensò di scriverlo. Il sommo Dante perdonerà la licenza ma in questo caso il famoso canto dell’Inferno deve essere reinterpretato per introdurre la storia che ha riportato il calciatore Paolo Rossi, sì proprio Pablito, e sua moglie, la giornalista Federica Cappelletti, a Perugia per la presentazione del libro scritto a quattro mani 1982 – Il mio mitico mondiale, edito da Kowalski. Accolto da molti tra ammiratori e giornalisti presso gli spazi de La Terrazza, un vero salotto a cielo aperto nel cuore del capoluogo, Rossi ha raccontato da dove nasce l’esigenza di questo racconto. E qui entra il scena la curiosità della moglie Federica che, ancora trent’anni dopo quella vittoria, nota come le persone si fermino per strada ansiosi di raccontare a Pablito, e quindi rivivere insieme a lui, le emozioni del mondiale spagnolo; “Questo libro – spiega Rossi – è quindi una raccolta di testimonianze delle tante persone comuni che negli anni mi hanno reso partecipe dei loro ricordi. Non mancano certo i miei, l’avventura di quei cinquanta giorni, dall’inizio del ritiro fino al pranzo della vittoria insieme al Presidente Pertini al Quirinale”. Fu una vittoria speciale quella del mondiale del 1982, lo ricordano distintamente il giornalista Mario Mariano e il Vice Sindaco di Perugia Nilo Arcudi, chiamati insieme ad altri testimoni dell’epoca ad intervenire nel corso della presentazione. “Di quel mondiale – continua Rossi – rimarranno sempre delle icone: uomini simbolo come il Presidente Pertini e l’allenatore Bearzot, oltre ovviamente una formazione di campioni come poche ce ne sono state negli anni successivi”. E allora ricordiamola insieme quella generazione di campioni: Zoff, Collovati, Scirea, Gentile, Cabrini, Oriali, Bergomi, Tardelli, Conti, Graziani, Rossi. Senza dimenticare Altobelli, Causio e via tutti gli altri. “Eravamo uomini prima ancora che calciatori, persone normali, accessibili – dice Paolo Rossi-. E questa in tanti casi è stata la mia vera forza, la mia arma vincente, il fatto che le persone mi riconoscessero come il tipo della porta accanto. La sensazione era che se ce l’avevo fatta io, non troppo alto, non muscolare, poteva farcela chiunque”. Perugia non dimentica il passato di Rossi da grifone, quindi insieme ai presenti è stato ricordato l’anno del suo arrivo: “Era il 1979 – dicono-, fu il primo vero e proprio bagno di folla, i primi tributi che la tifoseria riservava ai campioni che arrivano a vestire la maglia della città”. Rossi ha citato la bontà del Presidente Franco D’Attoma che tanto fortemente lo volle per i biancorossi; “Fu un anno bellissimo – commenta Rossi -, al termine del quale arrivò la triste vicenda della squalifica, che mi tenne fuori dai giochi per due anni. Fu un periodo durissimo, da quale sono rinato con il mondiale”. Già, la convocazione di Enzo Bearzot, “Un allenatore che credeva fermamente nelle persone e ha continuato a vedere in me quello del 1978 – ricorda Pablito-, sapeva che ero ancora io e che avrei potuto fare ancora molto. Aveva ragione”. E questo molto fu il titolo di campione del mondo, sei gol segnati nel torneo, il titolo di capocannoniere e miglior giocatore del mondiale e il Pallone d’oro. Paolo Rossi ha regalato tutto questo ai tifosi azzurri e impressa nelle memoria c’è la tripletta contro il Brasile, “La partita più importante della mia vita” – dice. La seconda fase del mondiale fu una continua scalata verso il successo: dopo il Purgatorio della fase a gironi – continuando a sfruttare impropriamente la Divina Commedia, ma si sa che per noi italiani il calcio è quasi una religione -, il momento della ascesa al Paradiso è passata per “Le quattro migliori formazioni che c’erano allora” – commenta Rossi. “Le due sud americane, l’Argentina campione del ’78 e il Brasile, e poi le migliori dell’Europa Polonia e Germania. Vincemmo nettamente – continua il numero dieci azzurro -, e si era diffusa tra di noi la convinzione che avremmo battuto chiunque”.
Chi firmerà queste righe nel 1982 ancora non era nata ma è cresciuta nel mito di quella formazione e di questo calciatore, ha visto le partite senza però vivere l’adrenalina di un risultato che non conosci, sapendo che prima o poi Paolo Rossi l’avrebbe messa dentro. Il mio mitico mondiale mi riporterà indietro nel tempo a quella notte incredibile e sentirò di nuovo Martellini urlare “Campioni del mondo! Campioni del mondo! Campioni del mondo!”, e farò finta che sia la prima volta.

Chiara Scardazza -Agenzia Stampa Italia

Continua a leggere