Serie B. Perugia. La sconfitta col Brescia mette in luce limiti di organico e di strategia

PerugiaBrescia(ASI) Perugia. Inutile girarci intorno. Al di là della conta delle grandi occasioni da rete - non molte per i grifoni ma nemmeno per le rondinelle - il Brescia che ha espugnato il "Renato Curi" nella serata di sabato ha letteralmente surclassato il Perugia sul piano del possesso palla e dell'organizzazione di gioco. I campionati, specie in un torneo lungo e faticoso come la Serie B, non si vincono con il calcio funambolico del tiki-taka, ma con la solidità tattica e il senso della posizione che ciascun giocatore schierato deve fare suo per tutto il corso della stagione.

Dal navigato Sabelli al talento di Tonali, dalla forza di Donnarumma alla profondità di Torregrossa, ognuno, nella squadra di Eugenio Corini - già raffinato regista ai tempi d'oro del Chievo e del Palermo - sembra trovarsi alla perfezione col compagno di reparto così come i reparti stessi, ben armonizzati fra loro. Di contro, un Perugia in parte rimaneggiato, a lunghi tratti confusionario, che ha provato a fare quel che ha potuto, come per altro ammesso tra le righe in conferenza stampa dal tecnico Alessandro Nesta, grandissimo ex difensore che, paradossalmente, da allenatore, non riesce a registrare una difesa sempre più lacunosa.

Per effetto delle reti realizzate sabato sera da Torregrossa e Donnarumma, infatti, il Perugia, con un totale di 28 gol subiti, si conferma la quinta peggior difesa del campionato, in perfetta continuità con l'atto finale del girone d'andata, quando la squadra è uscita strapazzata dal campo della Cremonese. La domanda che viene spontaneo porsi è: perché la società non è immediatamente intervenuta sul mercato per rinforzare la retroguardia? Positivi, chiaramente, sono gli arrivi di Marcello Falzerano dal Venezia e di Umar Sadiq dalla Roma, per puntellare rispettivamente il centrocampo e l'attacco, ma nei primi giorni di campagna acquisti ci si sarebbe aspettati l'arrivo di qualche difensore di peso e di esperienza, che invece risulta tutt'ora latitante dalle parti di Pian di Massiano.

Più in generale, la partita di sabato pare aver messo in luce anche una differenza abissale sul piano della strategia societaria. I lombardi, che pure se la sono vista bruttissima con la crisi di liquidità del 2014, la retrocessione in Lega Pro del 2015, poi annullata dal ripescaggio estivo, ed un paio di salvezze in extremis nelle ultime due stagioni, quest'anno hanno visto Massimo Cellino mettere sul piatto investimenti importanti per preparare una squadra competitiva, a partire dall'acquisto di quell'Alfredo Donnarumma che, lo scorso anno, con le sue marcature, ha traghettato, assieme a Caputo, l'Empoli in Serie A. Unico errore, quello di affidare una compagine di questo spessore ad un tecnico ancora acerbo come l'ex attaccante del Cagliari David Suazo, tuttavia subito rimediato con l'ingaggio del ben più navigato Corini.

Dall'altro lato, invece, c'è un Perugia completamente rifondato, infarcito di giovani promesse tutte da valutare, dove gli unici giocatori della scorsa stagione rimasti ed ancora impiegati sono Raffaele Bianco, Mattia Mustacchio ed Han Kwang-song, che se n'era andato a gennaio dello scorso anno, dopo un inizio entusiasmante, per poi tornare quest'estate in condizioni fisiche e atletiche tutt'altro che perfette. Gli innesti di due "vecchie" conoscenze come Marco Moscati e Valerio Verre, nel frattempo maturati e messisi in luce in altre piazze, e dell'esperto Federico Melchiorri avevano contribuito a gettare legna sul fuoco dell'entusiasmo della tifoseria ma, al netto delle buone cose mostrate a tratti nel girone d'andata, sono troppi i punti persi per disattenzioni gravi - compresi alcuni svarioni del portiere Gabriel - e sbavature difensive talmente marchiane da non potersi considerare semplici episodi occasionali dovuti al momento o alla sfortuna.

C'è poi il capitolo Nesta, campione assoluto nella sua carriera stellare da calciatore ma allenatore che deve ancora dimostrare tutto, a fronte di una magra esperienza nel calcio d'oltre Atlantico. I numeri per poter fare bene - va detto - ci sono. Al primo anno di calcio italiano, in un contesto di spogliatoio completamente nuovo, il campione di Lazio, Milan e Nazionale ha saputo cogliere intuizioni tattiche fondamentali, a partire dal cambio di modulo deciso dopo la trasferta di Cosenza.

Il problema, però, sta proprio qui. Da qualche anno a questa parte, la piazza di Perugia si è ormai affermata come un buon laboratorio per giovani tecnici e calciatori da lanciare nel calcio che conta, una vetrina sapientemente costruita dal presidente Santopadre, gestendo entrate ed uscite in modo oculato e ponderato. Eppure, giunti al quinto anno consecutivo di Serie B, questa condizione, in una piazza del genere, da risorsa preziosa potrebbe trasformarsi in un pesante limite.

Per usare una metafora economica, il Perugia rischia di cadere in quella "trappola del reddito medio" che tanti Paesi emergenti stanno cercando di scongiurare, innovando il loro modello di sviluppo per aumentare i consumi interni e restare competitivi, su nuove basi, a livello globale. Tornando al calcio, arriva un momento, insomma, in cui certi punti di forza non bastano più e possono trasformarsi in fattori di debolezza, per varie ragioni: un giovane tecnico, complice l'inesperienza, può sottovalutare alcuni rischi o addirittura perdere il controllo del suo spogliatoio; l'appeal della piazza può scemare ed inficiare il meccanismo che finora ha visto spedire a Perugia dai vivai della Serie A molte giovani promesse, per altro non sempre sbocciate; nella tifoseria possono subentrare delusione e disaffezione per una serie di campionati consecutivi senza risultati di rilievo; e così via. Insomma, senza un cambio di passo, questa strategia potrebbe entrare in una fase di "stagnazione" dalla quale sarebbe poi difficilissimo uscire.

Stando ai numeri, il Perugia nei suoi 114 anni di storia ha trascorso molte più stagioni tra Serie B e C che in A. Questo è evidente, se si ragiona su base freddamente statistica. Eppure, le due più importanti fasi che questa società ha vissuto ai massimi livelli - 1974-1980 e 1995-2003 - sono relativamente recenti, tanto che le generazioni di tifosi coinvolti in gioventù sono ancora vive e vegete, coi loro ricordi personali. Soprattutto, una gran parte dei tifosi che frequentano ancora lo stadio - in sensibile calo negli ultimi due anni - ha visto il Perugia raggiungere risultati sportivi talmente alti per una piazza di provincia (secondo posto ed imbattibilità in Serie A, due partecipazioni alla Coppa UEFA, una Coppa Intertoto, numerose vittorie di prestigio su squadre metropolitane ecc. ...), che le aspettative sono sempre legittimamente alte.

Programmare maggiori e più tempestivi investimenti su allenatori di peso e giocatori di qualità, già rodati per la categoria, non è perciò un "vezzo" per accontentare la tifoseria, ma un passaggio necessario per rilanciare una strategia a lungo termine adeguata e per riportare il Perugia a lottare per le zone di classifica che gli competono.

Andrea Fais - Agenzia Stampa Italia

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