Umbria Jazz 2016: John Scofield, Brad Mehldau e Mark Guiliana, un trio per una “Electric Band” ...poi Kamasi Washington e immediatezza sia. 12 Luglio Arena Santa Giuliana

(ASI) Perugia. Si tratta di una musica intellettuale, difficile, non immediata che entrando all’Arena non rinuncia ad aspetti psichedelici e che dimostra tutta la sua natura “elettronica”, acida. Si tratta di un jazz attuale, indubbiamente e che coglie sensibilità moderne e propense all’avanguardia, sebbene di avanguardia propriamente detta non si tratti.

Quella che propongono è una musica molto ponderata, in cui sebbene compaiano nel corso del concerto delle edonistiche forzature e delle esasperazioni acustiche più che armoniche, non è mai violenta. I temi infatti si comprendono bene e la loro rielaborazione è molto articolata, a “trama di merletto”, esprimendo un jazz cerebrale e sicuramente sedimentato; non privo di sonorità tipiche degli anni Settanta (Pink Floyd?), che creano una certa nostalgia. Il carattere evocativo della musica è forte a dare una musica emozionale che sottende come accennavamo un filo logico, quindi tematico, netto ed evidente. In alcuni momenti dispiace segnalare che le estremizzazioni e le “lungaggini” acustiche la rendano poco fruibile, poco snella e quindi talvolta poco piacevole; non giova l’approccio intellettualoide e narcisistico. È difficile dire se qualche tristezza espressiva sia voluta oppure no. Il pubblico gradisce comunque tutto il concerto. Molto gustoso è il ricorso ad elementi tradizionali del jazz e più raramente del blues sapientemente nascosti e fatti affiorare nel corso delle “discorsive” esposizioni. Il trio esegue in modo raffinato, molto equilibrato, con grande esperienza e professionalità e con assoluta giovinezza e freschezza interpretativa. La batteria col suo sapiente swing si integra perfettamente nel temperamento della band e si conferma il migliore interprete del trio stesso. Tra i brani citiamo una ballata sentimentale e Wake up composta dal famoso pianista Mehldau.
Segue al concerto un secondo tempo completamente diverso dal primo, che ospita il noto sassofonista Kamasi Washington e la sua formazione composta da Kamasi al Sax, Rickey Washington flauto e sax soprano, Antonio Austin batteria, Ronald Bruner Jr. batteria, Ryan Porter trombone, Abraham Mosley contrabbasso, Patrice Quinn vocalista, Brandon Coleman tastiere. Propongono un Jazz molto riconoscibile, ricco di fusioni e contaminazioni di genere, attuale, estremamente gioioso e comprensibile. Dal pubblico è stato giudicato molto “energetico”. Credo tuttavia che il migliore aggettivo da usare sia “metropolitano”, proprio per questa jam molto spontanea di suoni e per la attenzione alla etnicità. Kamasi, nato in America nel 1981, è giovane e già è compositore e produttore. Proviene da formazione sia familiare che scolare. Washington si lancia al pubblico con l’album Young Jazz Giants nel 2004 e suona con alcuni tra i musicisti jazz più importanti dei nostri anni, spesso ospiti di UJ, tra cui: Wayne Shorter, Herbie Hancock, Chaka Khan. Il pubblico gradisce molto questa loro attualità e immediatezza espressiva che risulta coinvolgete e molto piacevole. Fiacca la voce per quanto buona la sezione tastiere. Fuochi artificiali ridondanti in un dialogo tra le due sezioni ritmiche. Eccellente il contrabbassista che nel suo modo di suonare è addirittura onomatopeico. Una esecuzione veramente bella.

Giuseppe Marino Nardelli – Agenzia Stampa Italia

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