Parla l'esperto. Quando l’assicurazione deve pagare l’avvocato

giustizia4(ASI)Perugia - Nella pratica forense odierna, uno dei problemi più spinosi, riguarda la liquidazione delle spese stragiudiziali, da parte delle compagnie assicuratrici, in caso di sinistro stradale. Data la complessità dell’ordinamento giuridico attuale e la molteplicità delle competenze necessarie per poter gestire una pratica di risarcimento del danno, sempre più spesso i cittadini danneggiati in occasione di un incidente stradale, ricorrono all’assistenza di un legale di fiducia, per condurre unitariamente l’azione risarcitoria e per poter coordinare omogeneamente i singoli esperti nelle varie branche del sapere.

Può, infatti, accadere che uno scontro tra veicoli possa causare notevoli pregiudizi non solo alle vetture coinvolte, ma anche ai conducenti, alle persone trasportate, ad eventuali pedoni o a cose altrui, come oggetti personali di pregio o di uso comune, abitazioni, recinzioni etc.

Va da sé che, per poter istruire correttamente una pratica più complessa, sia indispensabile il coinvolgimento mirato di più specialisti come carrozzieri, medici legali, medici specialisti, periti cinematici (per l’accertamento della dinamica con cui si è svolto il sinistro e per acclarare l’eventuale riparto di responsabilità ai sensi del codice della strada e della giurisprudenza). Le spese che il danneggiato affronta per pagare gli onorarii di tutti i lavoratori intervenuti diventano voci di danno, originato dal medesimo fatto (incidente).

Le assicurazioni, ovviamente, tentano di limitare la corresponsione di questi capitoli di spesa, aiutati anche dall’interpretazione restrittiva di alcune leggi promulgate ad hoc, come il famoso “indennizzo diretto”, introdotto nel nostro ordinamento con decreto legge 223 del 4 luglio 2006, il cosiddetto Decreto Bersani e regolato dal D.P.R. 254 del 2006, nei suoi dettagli operativi, ove il legislatore ha previsto solo il pagamento delle spese per la relazione del medico legale. La scarna previsione legislativa ha ingenerato una pletora di proteste e di problematiche operative, con particolare riguardo ai compensi degli avvocati cui i danneggiati si rivolgono per essere assistiti in caso di sinistro stradale.

Le compagnie assicurative tentano, neanche a dirlo, di non pagare i compensi degli avvocati quando sia applicabile l’indennizzo diretto in quanto sostengono che, essendo la stessa assicurazione del danneggiato a gestire e pagare il danno, non c’è bisogno di un legale per tutelare il danneggiato. In realtà, all’alba dell’introduzione della nuova procedura, fu sùbito chiaro che i liquidatori non avevano alcun occhio di riguardo per i propri clienti e che il pregiudizio veniva trattato nello stesso identico modo in cui veniva gestito quando a pagare era la compagnia del responsabile. Anzi, avendo il nuovo regime introdotto dei premi forfettari per la compagnia che gestisce il sinistro, questa avrà tutto l’interesse a pagare il proprio cliente meno di quello che percepisce a forfait per ogni sinistro.

Il fenomeno non è sfuggito alla giurisprudenza che, nel corso dell’ultimo decennio, ha sancito alcuni principi cardine, per potersi orientare nel complesso sistema del rimborso delle spese originate da un incidente stradale.

La norma di riferimento è senz’altro l’articolo 24 della Carta Costituzionale, che prevede il diritto di ogni cittadino di difendere i propri diritti, applicabile anche alla branca del ristoro dei danni. La Corte di Cassazione ha stabilito che le spese legali siano sempre risarcibili, con l’unico limite della necessità. Rivolgersi ad un avvocato in caso di sinistro è, ovviamente sempre ammissibile, ma le assicurazioni non saranno obbligate a ristorarne la spesa solo nel caso in cui abbiano prontamente pagato quanto giustamente dovuto e qualora abbiano assistito il proprio assicurato, fornendo tutte le informazioni necessarie al caso concreto.

Francesco Maiorca – Agenzia Stampa Italia

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