In ricordo di Sergio Ramelli

SergioRamelliFoto copy(ASI) Milano – Oggi racconteremo la storia di un'altra delle giovani vittime degli “Anni di Piombo”, la tragica vicenda di Sergio Ramelli, anch'essa avvenuta nei quartieri di una grande città italiana, Milano, dove negli anni Settanta il clima di scontro politico anche violento e non solo d'opinione era alle stelle. Per l'omicidio Ramelli verranno condannati alcuni attivisti appartenenti al servizio d'ordine di “Avanguardia Operaia”.

Si parla addirittura che nella sola Milano ci siano stati fra il 1972 e il 1975, circa 150 gravi aggressioni, a cui vanno aggiunte le altre centinaia, dove i danni fisici sono stati limitati o sono stati solo materiali.

Sergio Ramelli, era uno studente di diciottanni come tanti ragazzi della sua età dell'epoca che viveva a Milano in Via Amadeo (una zona che nei primi anni settanta era di recente urbanizzazione, ma che oggi è pienamente integrata nei servizi della metropoli ambrosiana), frequentava l'Istituto Tecnico Industriale “Molinari” di Milano, aveva una ragazza, era un appassionato di calcio, tifava per l'Inter e giocava nella squadra di calcio del quartiere.

Sergio, aveva solo un problema per l'epoca di violento scontro politico in cui viveva, quello di aver fatto una scelta politica scomoda, decidendo di militare nel Fronte della Gioventù, il movimento giovanile del Movimento Sociale Italiano, partito della Destra Italiana.

Negli anni Settanta, fra le fila dell'estrema sinistra extraparlamentare che si ispirava alla lotta partigiana del 1943 - 1945, vigeva la legge dell' “antifascismo militante”, in base alla quale si compievano pestaggi con gravi lesioni, talvolta mortali (a cui ovviamente seguivano le rappresaglie dei ragazzi dell'estrema destra), secondo un motto allora in voga per cui “uccidere un fascista non fosse un reato”.

Le aggressioni dei cosiddetti gruppi “idraulici” dell'estrema sinistra milanese, avvenivano solitamente prendendo alla sprovvista gli isolati malcapitati che si trovavano di colpo circondati senza saperlo, a questo punto colpendoli più volte sulla testa con delle grossi chiavi inglesi.

Alcuni movimenti di estrema sinistra, erano arrivati addirittura a colpire e a bollare come “fascista” chiunque non professasse idee comuniste, un nemico da colpire ed abbattere.

Sergio Ramelli, come riportato dal suo sito ufficiale che racconta la sua storia “Aveva maturato le sue idee politiche di destra – racconta la madre Anita Pozzoli in Ramelli – e non amava la violenza. Non aveva mai fatto male a nessuno, ma era stato preso ugualmente di mira. A scuola (gli estremisti di sinistra) lo insultavano, lo prendevano a calci....eppure lui mi diceva sempre di non preoccuparmi”.

All'Istituto “Molinari”, venne bollato dai movimenti studenteschi di sinistra che all'epoca la facevano da padrone nella scuola, poiché soverchianti per numero, col marchio di “fascista”, solo per aver scritto un tema in classe in cui attaccava le Brigate Rosse che avevano ucciso l'anno prima dei giovani militanti missini a Padova.

A causa di quel tema che fu tolto al professore ed esposto nella bacheca pubblica della scuola dai collettivi di estrema sinistra, Sergio Ramelli, venne aggredito più volte e dovette lasciare la scuola pubblica per un istituto privato, senza che nessuno si opponesse a simili violenze gratuite nei confronti di un ragazzo idealista di soli 19 anni.

Nonostante il cambio di scuola, Sergio continuò a frequentare i suoi amici di sempre, anche quelli della locale sezione del Fronte della Gioventù e purtroppo questa coerenza nelle sue idee, gli costò

la vita.

I movimenti di estrema sinistra extraparlamentare stavano preparando un agguato ai danni del giovane missino. La prima mossa fu quella di fornire alla squadra degli aggressori una foto di Ramelli che provasse la sua appartenenza politica, ossia quella mentre venne costretto a cancellare le scritte pro Msi sui muri del Molinari.

L'aggressione avvenne, giovedì 13 marzo 1975, verso le ore 13, di ritorno da scuola. Sergio stava parcheggiando il suo motorino davanti casa, all'angolo di Via Amadeo con Via Paladini, quando all'improvviso sbucarono dei giovani a volto coperto, armati di chiavi inglesi ( che per questo motivo nell'ambiente politico venivano detti “gli idraulici”), lasciandolo a terra senza sensi, in coma, col cranio fracassato.

I passanti lo soccorsero subito e fu portato dall'ambulanza al reparto “Beretta” del Policlinico di Milano, dove venne operato d'urgenza per cinque ore per ridurre i danni celebrali causati dagli ematomi. Durante il ricovero alternava brevi periodi di lucidità a stati comatosi, finché sopraggiunse la morte il 29 aprile 1975.

Durante i lunghi ed interminabili giorni di agonia di Sergio Ramelli e di grande apprensione e sofferenza per la sua famiglia, si incrementarono gli episodi di scontri politici nei quartieri di Milano ai danni di esponenti di destra e di sinistra.

Il 16 aprile 1975 furono assaliti tre giovani della sezione universitaria del Movimento Sociale Italiano, il Fuan. A rimetterci la vita però fu un giovane studente di sinistra, Claudio Varalli. Il giorno seguente, fu aggredito il Consigliere Provinciale del Msi, l'Avv. Cesare Biglia che fu ferito insieme alla moglie e dovette subire un importante intervento chirurgico in ospedale. Il 18 aprile, il Sindacalista della Cisnal, Francesco Moratti, invalido di guerra e reduce dell'Rsi, fu picchiato a sangue e lasciato per terra, mentre la sede del sindacato veniva incendiata. Ma, non furono risparmiate nemmeno persone che non avevano nessun legame apparente con l'estrema destra e/o l'estrema sinistra, come un cameriere, un panettiere e un giovane liberale che furono craniolesi sempre con le chiavi inglesi.

Ovviamente, nemmeno la famiglia di Ramelli fu risparmiata né durante l'agonia, né nei primi periodi dopo la morte di Sergio, oltre alle continue minacce telefoniche che riceveva la famiglia, costringendola a cambiare numero di telefono per la disperazione, ci fu una vera e propria persecuzione per i parenti della giovane vittima.

I militanti dell'estrema sinistra stazionavano giorno e notte sotto il Policlinico per creare tensione e pressione psicologica. Un giorno, addirittura, Luigi Ramelli, fratello di Sergio, andò in ospedale a trovarlo e tornato a casa trovò dei malitenzionati ad aspettarlo che gli intimavano di lasciare Milano entro 48 ore, per non fare la fine del fratello.

“Non dimenticherò mai per tutta la vita quando l'hanno portato all'ospedale. Gli amici di Sergio non potevano neppure andarlo a trovare perché il Policlinico è proprio di fronte all'Università Statale e i rossi erano sempre lì davanti. Un giorno incontrai anche l'anestesista e mi dichiarò che non aveva mai visto nulla di così spaventoso”, parole della madre nella sua testimonianza.

Il giorno prima della morte di Ramelli, un gruppetto di militanti di sinistra extraparlamentare, staccatosi da un corteo, si diresse a casa della famiglia, lasciando delle scritte minacciose sui muri e affiggendo un manifesto.

Quando Sergio morì – ha raccontato la madre Anita Pozzoli in Ramelli nella sua testimonianza- la polizia ci consigliò di ritirare il corpo dall'obitorio e di portarlo via. Noi ci opponemmo. Allora ci ingiunsero di prendere Sergio e di portarlo via da Milano all’alba per motivi di “ordine pubblico”.

“La sera stessa del funerale – ha continuato a raccontare la madre di Ramelli- mi arrivò una telefonata di insulti e da allora fu così ogni sera – racconta la mamma di Sergio - Ogni giorno il telefono suonava dalle 8 alle 10 e mezzo di sera a tal punto che fummo costretti a cambiare numero. Poi le scritte sui muri: “Ramelli ora sei divorato dai vermi”, “10, 100, 1000 Ramelli, con una riga rossa tra i capelli”. Lo volevano morto e lo hanno ucciso, ma non gli bastava. Hanno voluto infierire, tormentarci”.

Per quel giovane così sfortunato, fu difficoltoso anche celebrare un decoroso funerale, a causa di una violenza, ingiustificata che si accaniva anche con un defunto, cercando di infangarne la memoria.

I funerali ebbero luogo nella Chiesa dei Santi Nereo e Achilleo, senza corteo funebre, perché le autorità lo avevano vietato a causa del possibile attacco degli estremisti di sinistra che avevano minacciato di aggredire gli eventuali partecipanti. Fu poi seppellito presso la cappella di famiglia presso il cimitero maggiore di Lodi.

Alle esequie partecipò anche il Segretario del Movimento Sociale Italiano, l'On. Giorgio Almirante, che si occupò personalmente di portare la bara in spalla, con l'On, Franco Servello ed altri. Durante l'evento scoppiarono anche dei tafferugli fra i militanti missini e la polizia con diverse denunce, mentre dalle finestre della Facoltà di Medicina su Piazzale Gorini, alcuni militanti comunisti a volti coperto, fotografavano i partecipanti per schedarli tutti, come si faceva durante gli “Anni di Piombo” con i nemici politici.

Le foto furono poi ritrovate,durante le indagini, nel cosiddetto “Covo di Viale Bligny”, sede di Avanguardia Operaia, dove erano custodite migliaia di schede di nemici politici da colpire.

Probabilmente, poche delle vicende personali delle giovani vittime degli “Anni di Piombo”, hanno fatto discutere e continuano a far discutere come quella di Ramelli, a tal punto che dal 1988 ad oggi, sono state intitolate al giovane militante di destra milanese, una serie di vie, giardini pubblici e piazze, in diverse città italiane a Verona nel 1988), Codogno (Lo) nel 2001, a Chieti nel 2002, a Taurianova (Rc) e Ospedaletti (Im) nel 2002, a Como, Arezzo, Rovigo e San Remo nel 2003, a Tolve (Pz) nel 2004, a Crotone, Vigevano, Milano nel 2005, a Modena nel 2007, a Monza nel 2008, a Desio (Mb), Pellegrina (Vr), Ragusa, Pedara (Ct) nel 2009, a Casalpusterlengo (Lo) nel 2012, a Brescia nel 2014, a San Severo (Fg) e Nardò (Le) nel 2015, a Catanzaro e Perugia nel 2017.

In occasione di ogni anniversario, non mancano le sentite commemorazioni in ogni parte d'Italia e purtroppo gli atti vandalici che ancora infangano la memoria del giovane missino a distanza di decenni dalla sua morte, come quello che si sono trovati di fronte i giovani   di Gioventù Nazionale di Chieti che ieri sono andati a rendere omaggio alla targa in onore di Sergio, presso il Belvedere Ramelli nella Villa Comunale del Capoluogo Teatino: hanno trovato la sorpresa della targa imbrattata da una tavoletta di legno incollata con scritto “Piazza 1” ed il simbolo della “A” cerchiata. Ripulita la targa alla buona, la commemorazione è potuta andare avanti con la deposizione di un fiore ed una lettura del messaggio che ci racconta la storia di Sergio.  

Per maggiori Informazioni, si può consultare anche:

- http://www.sergioramelli.it/

- Guido Giraudo, Andrea Arbizzoni, Giovanni Buttini, Francesco Grillo e Paolo Severgnini, Sergio Ramelli, una storia che fa ancora paura, editore Lorien, 2001

- Maurizio Grigo e Guido Salvini, nell'Ordinanza di rinvio a giudizio:

-  Luca Telese, Cuori neri, Sperling & Kupfer Editori, Milano, 2006

Cristiano Vignali – Agenzia Stampa Italia

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