Palestina. Ambasciatrice Mai Alkaila: Trump non coerente, ma la comunità internazionale è con noi

(ASI) Palestina. Ambasciatrice Mai Alkaila: Trump non coerente, ma la comunità internazionale è con noi

A cura della Redazione di Agenzia Stampa Italia

Sua Eccellenza, benvenuta su Agenzia Stampa Italia. Storicamente, la Palestina è uno dei territori più instabili del mondo come risultato di un duro e persistente conflitto. Il suo status di membro osservatore presso le Nazioni Unite ha forse rappresentato un primo importante passo per raggiungere il riconoscimento di uno Stato palestinese sovrano e indipendente con Gerusalemme Est quale capitale. Ritiene che il percorso sia ancora lungo?

Innanzitutto buongiorno e grazie ad Agenzia Stampa Italia per questa intervista. Pensavamo che la strada per raggiungere la pace non fosse molto lunga, ma con le recenti dichiarazioni dell’amministrazione Trump alla guida degli Stati Uniti la soluzione dei due Stati si è fatta più complicata, creando ostacoli alla roadmap. La comunità internazionale dovrà essere coinvolta. Chi paga la situazione di stallo è il popolo palestinese. C’è tanto dolore, ogni giorno. Ma continuiamo ad avere fiducia – una fiducia che abbiamo condiviso con molti israeliani nel corso degli ultimi anni - nella soluzione dei due Stati e nel ruolo della comunità internazionale che, ad esempio, ha reagito molto bene alle dichiarazioni di Trump, rifiutandole categoricamente. Il popolo palestinese si sente per questo incoraggiato ad andare avanti con la sua battaglia per il riconoscimento del proprio Stato.

 

La Guerra dei Sei Giorni del 1967 rappresenta un evento cruciale per comprendere le ragioni del conflitto israelo-palestinese e le dispute territoriali su cui è fondato. Oggi, alcuni opinionisti occidentali spesso confondono la causa nazionale palestinese con l'islamismo e l'estremismo religioso. Tutto ciò è sorto soprattutto a seguito della scomparsa di Yasser Arafat e dell'ascesa al potere da parte di Hamas intorno alla metà degli anni Duemila. Dopo il fallimento delle primavere arabe e della nuova ondata di Islam politico che queste recavano con sé, pensa che sia giunto il momento che un nuovo movimento politico laico prenda in mano la causa palestinese tra i Paesi arabi?

Mi lasci chiarire che il Movimento per la Liberazione Nazionale Palestinese nato nel 1965, che è la maggiore forza politica dell’Organizzazione per la Liberazione della Palestina (OLP), è un movimento laico, come laico è il popolo palestinese, che ha visto convivere pacificamente al suo interno diverse religioni. La Palestina nasce laica. Lo Stato palestinese che noi abbiamo in mente è uno Stato laico multi-confessionale, dove la nazionalità palestinese non dipende dall’appartenenza religiosa degli individui, siano essi musulmani, cristiani o ebrei. Se guardiamo all’intera regione araba e a ciò che è successo negli ultimi anni, possiamo osservare che i palestinesi non sono mai stati coinvolti – né a livello ufficiale né come popolo – in azioni estremiste. Le adesioni individuali all’ISIS sono state rarissime. Per quanto riguarda Hamas, posso dire con certezza che si tratta di un movimento palestinese di ispirazione islamica, ma non accettiamo che il leader di Hamas, Ismail Haniyeh, sia definito come un "terrorista" dagli Stati Uniti, perché un palestinese che difende il suo Paese e cerca di resistere all’occupazione non è un terrorista. E’ importante rivedere questa definizione. Per quanto riguarda il resto del mondo arabo, continuiamo a fare affidamento sull’Iniziativa di Pace Araba del 2002 e sul sostegno dei popoli arabi, che hanno giustamente reagito alle dichiarazioni di Trump.

             

Dopo l'elezione del presidente americano Donald Trump, la situazione mediorientale è diventata nuovamente tesa. La sua decisione di spostare l'Ambasciata statunitense da Tel Aviv a Gerusalemme ha reso euforico il primo ministro israeliano Netanyahu ma ha scatenato diverse reazioni in tutto il mondo. Soltanto una manciata di Paesi ha seguito Trump, mentre molti altri lo hanno criticato. Crede che l'Unione Europea, la Russia, la Cina ed altri importanti Paesi non-musulmani possano garantire un sostegno deciso ed influente alla causa palestinese?

Certamente. L’Unione Europea si sta già muovendo in questa direzione, non solo rispetto a Gerusalemme ma anche ad esempio rispetto al taglio dei finanziamenti statunitensi all’UNRWA, che dal 1950 si occupa dei nostri rifugiati. Colgo questa occasione per ringraziare l'UE ed il suo Alto Rappresentante per gli Affari Esteri, Federica Mogherini, per il sostegno dimostrato al diritto internazionale. Sono convinta che l’Unione Europa, la Cina e la Russia possano giocare un ruolo rilevante nell’arena internazionale, prendendo importanti decisioni. Alla luce delle recenti violazioni del diritto internazionale credo che lo faranno, già nei prossimi mesi.

 

Un altro fattore di crisi è rappresentato dagli insediamenti e dalle colonie israeliane nei territori palestinesi occupati. Secondo Lei, il governo israeliano sta facendo abbastanza per prevenire questa pratica illegale?

Il governo israeliano sta calpestando il diritto internazionale e tutte le risoluzioni delle Nazioni Unite, che esprimono un consenso riguardo agli insediamenti e alla costruzione del Muro dell’Apartheid, attraverso cui si verifica una confisca delle nostre terre, di quelle terre, cioè, che dovrebbero far parte dello Stato di Palestina, secondo la soluzione dei due Stati. Non solo Israele non fa nulla per interrompere questo processo di colonizzazione, ma aumenta la propria aggressività, continuando con i suoi abusi, noncurante del diritto internazionale e delle opinioni espresse dalla Corte Penale Internazionale.

 

C'è qualcuno che è interessato a boicottare il processo di pace in Medio Oriente, al di là del governo di Netanyahu? Se sì, chi e perché?

A parte il governo israeliano, non credo che vi sia qualcuno veramente interessato a boicottare il processo di pace. Tutti vogliono stare dentro al processo di pace: le Nazioni Unite con le loro risoluzioni, l’Unione Europea, il mondo arabo e islamico, oltre alla maggior parte della comunità internazionale. Il presidente Trump è interessato al processo di pace, ma con una sua visione, che non è coerente con le risoluzioni dell’ONU e con il diritto internazionale. Le sue dichiarazioni su Gerusalemme, ad esempio, dimostrano come sia totalmente di parte e favorisca Israele ai danni del popolo palestinese e della sua volontà, contro il diritto internazionale. La comunità internazionale, se vuole davvero la pace deve lavorare seriamente per riconoscere lo Stato di Palestina, rendendo efficaci le risoluzioni e sostenendo le istituzioni palestinesi affinché il nostro Stato si consolidi.


Intervista e montaggio video a cura della Redazione Agenzia Stampa Italia   

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