Alla scoperta della Transumanza col libro “I Pastori in Terra d'Abruzzo”

pecore(ASI) Abruzzo – “Settembre andiamo è tempo di migrare...”, scriveva Gabriele D'Annnzio nella sua poesia “I Pastori” della terra d'Abruzzo. L'Abruzzo fin dai tempi più antichi è stata terra di Transumanza.

La Transumanza è la migrazione stagionale e temporanea, delle greggi, delle mandrie e dei pastori che si spostano da pascoli collinari o montani verso quelli delle pianure e viceversa, che fino all'inizio dell'Ottocento avveniva percorrendo integralmente le antichissime vie naturali dei Tratturi.Per millenni, con l'approssimarsi delle prime foglie gialle, i pastori d'Abruzzo, hanno viaggiato lungo il Regio Tratturo dal Gran Sasso e dalla Maiella fino a Foggia e al Tavoliere delle Puglie, dove l'inverno è più mite.

Gli spostamenti dei pastori dalle montagne abruzzesi alle pianure pugliesi, avvenivano passando per i Tratturi, attrezzate e rurali vie di comunicazione con una lunghezza superiore ai 3100 km che collegavano i pascoli “estivi” con quelli “invernali”, attraverso cui i pastori lasciavano l'Abruzzo in settembre per farvi ritorno in primavera inoltrata. Gesta degne di essere raccontate dall'epopea di un poema epico cavalleresco.

A tal proposito, recentemente, è stato pubblicato un libro intitolato “I Pastori in Terra d'Abruzzo”, una testimonianza storica sia fotografica che scritta della pastorizia in Abruzzo, sia di quello che è stata in passato, sia di come si è evoluta ai giorni nostri in una terra che è considerata una delle cinque regioni in Europa in cui la vita è rimasta ancora in gran parte tradizionale e in cui la natura è intatta con parchi, oasi e riserve naturali.

Il libro è stato scritto da Giovanni Lufino e Dino Di Pietro, con Prefazione di Dante Capaldi, Presentazione di Antonio Giammarino, Introduzione di Antonio Di Loreto e la partecipazione di A.L.C.u.A. “Associazione Libera Cultura d'Abruzzo”, stampato da “Arte della Stampa” di San Giovanni Teatino (Ch) e finanziato con fonti Leader dal Gal Abruzzo Italico Alto Sangro.

E' un libro estremamente vario ricco di fotografie sia a colori, sia in bianco e nero, di notizie e ricordi, ma, soprattutto pieno di tradizioni che molti credono scomparse, ma che sopravvivono per certi versi nelle valli e nei pendii delle montagne abruzzesi.

Un'opera veramente completa con testimonianza sulla vita dei pastori nei pascoli, scandita da madre natura, ripercorrendo un viaggio ideale, passando per l'attività di mungitura, lavorazione del formaggio e tosatura delle pecore, toccando i rifugi dei pastori, gli antichi culti, le abitudini culinarie, fino ad arrivare all'epica lotta fra il lupo e il cane pastore abruzzese.

I temi della pastorizia e della transumanza rivivono attraverso una documentazione fotografica di spessore; le notizie, i racconti, le storie dei pastori che richiamano una tradizione di dannunziana memoria, ci riportano ai tempi di un passato che inesorabilmente non c'è più, ma che rivive nel retaggio culturale che ha lasciato fra le genti dell'Abruzzo montano, nelle testimonianze degli anziani che lo hanno vissuto, nei monumenti e nelle chiese costruite dai proprietari delle mandrie o per scopi votivi o per animo di puro mecenatismo.

Prima dell'Unità d'Italia, la Transumanza avveniva interamente utilizzando il “reticolo” dei Regi Tratturi del Regno delle Due Sicilie, successivamente, questa tradizione è scemata sempre più con l'avvento dei mezzi di trasporto moderni e le greggi cominciavano ad essere trasportate da prima sui vagoni trasporto bestiame dei treni e, dal secondo dopoguerra in poi, sui camion.

Si partiva sempre in più allevatori, tutti insieme, l' uno dietro l'altro, ognuno col suo gregge. Davanti c'era il bestiame e dietro i muli ed i carri con tutti gli effetti pastorizi.

La sera si stazzava a mangiare in compagnia davanti al fuoco, pancotto, acqua sala, una fetta di pane con un po' di formaggio, erano i cibi tipici dei pastori. Il pan cotto più prelibato, era sicuramente quello condito con la “musisca”, carne di pecora essiccata che veniva tagliuzzata e messa a cuocere e col grasso che si ricavava si condiva il pancotto.

Nei pochi momenti di pausa dal pascolo degli armenti, ci si dilettava raccontando storie e poesie, molte delle quali sono state raccolte in libri. Il suono della zampogna allietava quei momenti. Se faceva freddo ci si riparava in rifugi di pietra, molti dei quali sono ancora visibili sull'Appennino Abruzzese, ma se pioveva i grandi ombrelli erano il riparo migliore perché le pietre attirano i fulmini che sulla montagna abruzzese sono un serio pericolo. Spesso capitava che dei pastori venivano presi in pieno dalle saette e le conseguenze erano terribili.

Un altro pericolo, era sicuramente rappresentato dalle fiere affamate, soprattutto branchi di lupi e di cani selvatici che cacciano le greggi. Nella difesa del gregge, amico fedele dell'allevatore transumante, oltre al suo bastone da viaggio e alla sua bisaccia, il fedele cane pastore dal pelo bianco. Il pastore abruzzese, essendo un cane forte che ha molto senso nella difesa della proprietà e del territorio, è l'ideale per questa attività.

La vita del pastore è dura oggi, figurarsi ancora di più nei secoli passati. Ma, ancora più faticosa era la vita della donna, mogli, mamme e figlie dei pastori transumanti, costrette ad occuparsi dei campi e della famiglia in assenza degli uomini. Anche la preparazione della roba da portare per il lungo viaggio della Transumanza spettava in gran parte alle donne.

Se la partenza dei Transumanti era sempre caratterizzata da un po' di apprensione, il ritorno, con il ricongiungimento famigliare era sempre una festa. Comunque sia, alla partenza, la malinconia del pastorello errante che lasciava la sua mamma per mesi, era subito attenuata dallo spettacolo dei bellissimi paesaggi naturali e dalla melodia dei campanacci al collo delle greggi.

Oggi, alcuni di questi usi e costumi sono scomparsi, altri per certi versi sopravvivono; il faticoso lavoro del corpo e della mente, messo a dura prova dagli eventi metereologici, e da attrezzi rudimentali, è stato soppiantato dai ritmi e dalle esigenze di una società tecnologica e industriale che ha stravolto la vita anche nelle aree più rurali dell'Abruzzo in cui si è comunque sia mantenuto un contatto fra l'uomo e l'ambiente molto intenso.

Settembre, resta sempre l'inizio di un nuovo viaggio, anche se con dinamiche diverse e se prima ci si incamminava a piedi lungo i tratturi regi per raggiungere le pianure, oggi si parte con i camion carichi di bestiame, in uno stile di vita che benché rimasto per molti aspetti tradizionale, ha assunto quella frenesia e quel materialismo tipico della società contemporanea, passaggio epocale che gli autori del libro “I Pastori d'Abruzzo” sono riusciti ben a descrivere.

L'allevatore di un tempo, si è trasformato nell'imprenditore moderno e il pastore tozzo e bruno che parlava il dialetto delle nostre terre, oggi è stato per lo più sostituito da ragazzoni slanciati e robusti che parlano lingue balcaniche.

Sul libro “I Pastori d'Abruzzo”, noi abbiamo intervistato il funzionario del Ministero per i Beni e le Attività Culturali, il Dott. Antonio Di Loreto che ha curato l'introduzione dell'opera:

https://www.youtube.com/watch?v=SVs3XDx-6YE

Cristiano Vignali – Agenzia Stampa Italia

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