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 Dibattiti Storici - Il DNA di un Popolo che dimentica-VI Parte

(ASI) Proseguiamo il nostro racconto sulle opere messe in campo dal Fascismo durante il Ventennio nella sesta parte di questa serie di articoli.

 

La Carta del Lavoro

Pubblicazione sulla Gazzetta Ufficiale n°100 del 30.04.1927

E’ la “Costituzione” del mondo del lavoro, che puntualizza il rapporto fondamentale tra Fascismo e mondo del lavoro. Essa dichiara, istituzionalizzandoli, i principi basilari a tutela dei lavoratori, nonché la preminenza, nello Stato Fascista, dell’interesse prioritario che lega gli obiettivi dello Stato a quelli del lavoro e dei lavoratori. Ecco alcune, e solo alcune, delle principali enunciazioni, tradotte puntualmente in leggi dello Stato prima o dopo la dichiarazione della Carta del Lavoro:

-          Obbligatorietà della stipula di Contratti collettivi di categoria

-          Istituzione della Magistratura del Lavoro a livello di Corte d’Appello, con un Presidente e due consiglieri di Corte d’Appello, più due cittadini scelti in un albo di esperti del settore industriale coinvolto nel giudizio di specie. La Magistratura del Lavoro aveva il compito di dirimere le controversie tra le varie associazioni del lavoro o tra i singoli lavoratori e i datori di lavoro, interpretando, oltre alle situazioni previste nel codice civile, anche quelle comprese nei Contratti Collettivi di lavoro, che assumevano la validità di leggi dello Stato

-          Istituzione dell’albo degli esperti del settore produttivo, divisi per competenze, che affiancano i magistrati di Corte d’Appello nell’ambito delle cause discusse dalla Magistratura del Lavoro

-          Diritto alle ferie annuali

-          Istituzione della indennità di liquidazione di fine rapporto

-          Istituzione degli uffici di collocamento Statali

-          Disciplina e riconoscimento giuridico dei Contratti collettivi di Lavoro (Legge n°563 del 03-04-1926) che assumono così il valore di leggi dello Stato

-          Perfezionamento e miglioramento delle assicurazioni in favore dei lavoratori; in particolare l’assicurazione contro gli infortuni sul lavoro, l’assicurazione per la maternità, l’assicurazione contro le malattie professionali, l’assicurazione contro la disoccupazione, assicurazioni speciali per i giovani, casse mutue per malattie

-          Istituzione dei corsi professionali sia per l’apprendistato che per il miglioramento delle capacità professionali dei lavoratori

Come si vede, e come si può vedere ancora meglio consultando il documento originale, oggi non facilmente reperibile per l’ovvio motivo della paura del confronto, la Carta del Lavoro copre tutti i principali aspetti della problematica del mondo del lavoro e introduce concetti e soluzioni non solo innovativi, ma rivoluzionari per quei tempi, in quanto sovvertono la prospettiva da cui i temi del mondo del lavoro erano stati considerati sino ad allora. Ci sembra che nei tempi successivi, dal 1945 in poi, non siano stati molti e sostanziali i progressi fatti dai partiti popolari e dai sindacati per migliorare la materia e che, a parte il solito sciacallaggio del millantato credito, la partita tra il Fascismo e l’antifascismo, relativamente al punteggio basato sui vantaggi ottenuti dai lavoratori, si sia risolta in un “cappotto” per l’antifascismo.

 

Rete Stradale ed Autostradale, ferrovie e Porti

Nel 1928 viene costituita l’Azienda Autonoma Strade Statali (A.A.S.S.) con il compito di costruire la rete primaria stradale per complessivi 20.000 chilometri. Nel 1930 viene unificata la segnaletica stradale e viene approvato il primo Codice Stradale. Tra il 1925 e il 1935 si costruiscono le principali autostrade: Milano-Laghi, Milano-Bergamo, Roma-Ostia, Napoli-Pompei, Bergamo-Brescia, Milano-Torino, Firenze-Mare, Padova-Mestre e Genova-Serravalle, per complessivi 500 chilometri.

Tra il 1920 e il 1940, la rete ferroviaria viene notevolmente rafforzata con circa 2.000 nuovi chilometri e si procede all’elettrificazione generale, mentre nelle tratte non elettrificate appaiono le famose “Littorine”. Tra il 1923 e il 1926, si ampliano e si modernizzano i Porti di Livorno, Genova, Napoli, Marghera, Civitavecchia e Ravenna.

Creazione delle aree industriali

Nel quadro delle misure anticongiunturali per la crisi mondiale del 1929-1930 e nella logica della dottrina Fascista, che prevede l’intervento dello Stato per realizzare forme di organizzazione basate sulle alleanze e sulle sinergie tra l’impresa privata e l’impresa di Stato, il Regime, servendosi sia dell’apparato amministrativo dello Stato sia di specifici enti creati appositamente come l’IRI (Istituto per la Ricostruzione Industriale) e l’IMI (Istituto Immobiliare Italiano), vara un piano di sviluppo industriale che prevede l’istituzione delle Zone Industriali. Mediante l’espropriazione di interi comprensori produttivi ed avvalendosi di finanziamenti agevolati, esenzioni fiscali e doganali e di assistenza tecnica ed amministrativa gratuita, viene raggiunto il risultato di organizzare logisticamente, logicamente e strutturalmente, significativi ed efficienti poli industriali.

Alcuni esempi sono le istituzioni, con decreti che vanno dal 1929 al 1941, dei poli industriali di Fiume, Trieste-Monfalcone, Aurisina-Pola, Livorno, Ferrara, Roma, Apuania e Palermo. In questo contesto dei poli industriali nascono i villaggi pianificati per la residenza delle maestranze, realizzati in regime di agevolazioni parificate a quelle concesse per la costruzione delle Case Popolari.

Gli scimmiottamenti tentati nel dopoguerra dai governi democristiani e di centrosinistra hanno creato poli industriali come Taranto e Gioia Tauro, che, seguendo le logiche clientelari e del voto di scambio, anziché la logica industriale e la razionalità logistica hanno miseramente fallito l’obiettivo istituzionale.

Istituzione del Libretto di Lavoro

Proseguendo nel perfezionamento delle norme a tutela dei lavoratori, per contrastare fenomeni come il lavoro nero, lo sfruttamento illecito di categorie deboli come donne e fanciulli, gli abusi sull’orario di lavoro e l’evasione dei contributi assicurativi e previdenziali e per far sì che, in generale, fossero rispettate tutte le leggi emanate a difesa del mondo del lavoro, viene istituito il Libretto di Lavoro. Questo documento obbligatorio diventa indispensabile per l’assunzione di qualsiasi lavoratore e permette un controllo capillare delle aziende e del livello occupazionale nazionale.

Riportiamo di seguito i punti più importanti della legge:

-          Tutti coloro che prestano lavoro dipendente debbono essere forniti di Libretto di Lavoro

a)      Grado d’istruzione

b)      Certificato medico d’idoneità al lavoro

c)      Dati completi del datore di lavoro e dell’Azienda, la qualifica professionale del lavoratore e relativi passaggi di categoria, l’ammontare della retribuzione, l’associazione professionale cui il lavoratore è iscritto, le date di assunzione e di cessazione dal servizio

d)     Infortuni e durata delle assenze per questo motivo

e)      Malattie e durata delle assenze per questo motivo

f)       Numero della tessera di assicurazione invalidità e vecchiaia

-          E’ fatto divieto ai datori di lavoro di assumere in servizio lavoratori non muniti di Libretto di Lavoro

-          Il lavoratore ha diritto a prendere visione e controllare in qualsiasi momento il proprio Libretto di Lavoro depositato presso il datore di lavoro

-          E’ vietato agli ufficiali di collocamento iscrivere nelle liste i lavoratori non muniti di Libretto di Lavoro

-          Sono previste sanzioni severe per registrazioni inesatte o fraudolente.

Come si vede, l’intenzione è quella di regolamentare una volta per tutte il mondo del lavoro, ponendo fine a quelle irregolarità che avevano origine in una tradizione di prevaricazione e di ricatto e che i lavoratori avevano sempre dovuto subire in forza della miseria e della necessità. L’efficacia del provvedimento risulta dalla constatazione che oggi non solo il Libretto di Lavoro è ancora in vigore, ma che esso è diventato il simbolo del “Lavoro regolare” contro tutti gli abusi e la precarietà del cosiddetto “lavoro nero”.

Davide Caluppi  - Agenzia Stampa Italia

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