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Gli eccessi della guerra civile. Una famiglia sterminata dalle belve

(ASI) Fra i borghi dell'entroterra ligure di ponente, devastati dalla guerra civile 1943/45,a 26 Km da Sanremo, vi è il paese di Baiardo. Baiardo e dintorni furono teatro di scontri contro i nazifascisti, ma la lotta partigiana si accanì contro alcune famiglie del luogo toccando punte di ancestrale ferocia. E' stato accertato che tra i contrafforti della Valle Argentina, che da Taggia sale fino a Triora e dal passo Ghimbegna collega la valle a Baiardo, sono state uccise con efferate sevizie ben trentotto donne: la più giovane Moro Maria Luisa di soli 15 anni, la più vecchia Banaudo Maria in Moro di 86 anni. Ma soffermiamoci sulla famiglia dell'agricoltore Laura Giovanni Battista fu Francesco di anni 51, famiglia composta dal padre, dalla madre Erminia di anni 44 e 2 figli: Erminio di 12 anni e Paola di 8. L'uomo, ex combattente nella grande guerra, era stato iscritto negli anni 20/30 al fascio e aveva ricoperto la carica di segretario del P.N.F. in Baiardo.
Allora l'iscrizione al fascio era quasi una norma in Italia, checchè ne dicano gli smemorati o la sinistra.
Dopo la caduta del fascismo la famiglia si estraniò dalla politica attiva, badando al suo lavoro di agricoltura e cercando, come si dice, di starne fuori mentre nella città e nei piccoli centri si stavano ristrutturando le vecchie organizzazioni fasciste e le prime trame della resistenza.
Il giorno 25/08/1944, G.Battista, mentre si trovava in campagna, venne prelevato dai partigiani al comando di Napolitano (Gino Napolitano, nel dopoguerra diventerà senatore della repubblica); fu fatto camminare fino ad Aivogo, nel comune di Molini di Triora, punto di ritrovo delle formazioni partigiane.
Il giorno dopo fu ritrovato assassinato, irriconoscibile per le sevizie subìte, l’autopsia effettuata dal Dottor Pasquale Alliata, rapporto del segretario Dott. Di Fede; ci sono due atti di morte: uno del comune di Triora (n°5 IIB 46, l'altro del comune di Baiardo (n°1 IIB46) redatto dal commissario prefettizio Lanteri Mutto Giovanni, anche lui dopo qualche tempo ucciso.
Ma non è finita: il mattino del 30 gennaio 45, la vedova Moro stava recandosi ad Apricale ed alcuni contadini del luogo dichiararono di averla incontrata poco lontano dal paese e di averla messa in guardia per aver notato nei paraggi i partigiani della banda Gori, ma la donna, con disarmante rassegnazione, avrebbe risposto:"Perchè, non ne ho ancora avuto abbastanza?" e proseguì il suo cammino; naturalmente poco dopo fu assalita, le furono strappati i vestiti, fu violentata, le furono estratti gli occhi e tagliate le orecchie, quindi le fracassarono il cranio.
Per chi non dovesse credere può ottenere la visione dell'autopsia presso la procura circondariale di Sanremo.
Poche ore dopo, su segnalazione di un pastore, in regione Orsetto, fra monte Acuto e Colla Bassa, venne ritrovato, parzialmente sepolto, il piccolo Erminio Laura di 12 anni.
Quando la povera salma fu estratta un notevole grumo di sangue, fino ad allora compresso nella scatola cranica, fuoriuscì e gli aureolò il capo.
Furono riscontrate tre fratture del cranio, la frattura scomposta della mandibola e molti denti rotti! Sul suo corpo furono contate ben sette pugnalate!
Si seppe successivamente che il ragazzino, saputo che la mamma era andata in quella località, aveva voluto seguirla ed era andato via da casa all'insaputa dei parenti.

FONTE: "IL GIORNALE" del 17/10/2004

Confessione di un ex partigiano, L.I. di Imperia, che narrò lo strazio e le sevizie a cui venne sottoposto il commissario Lanteri.

Davide Caluppi Agenzia Stampa Italia

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