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Le basi americane dello “Zio Tom” in italia- parte III

(ASI) Riprendiamo la terza parte del nostro cammino sul Dossier delle basi dello “Zio Tom”, dalla posizione giuridica di una base militare in altra nazione e i costi ingenti per mantenere queste strutture.

LA POSIZIONE GIURIDICA

Se si prende il cavillo giuridico che ha permesso di far sorgere le centinaia di basi U.S.A.-NATO in Italia, e lo si esamina in modo approfondito, vediamo che la Costituzione italiana all’articolo 80 in materia di stipula dei trattati internazionali, prevede arbitrati o regolamenti giudiziari, e qualora comportasse, com’è prevedibile, anche variazioni del territorio od oneri alle finanze o modificazioni di legge, è stabilito che siano le Camere ad autorizzarne la ratifica tramite norme di legge. Ma sappiamo proprio in materia, che molti di questi accordi internazionali previsti dall’articolo 80 non sono mai stati sottoposti alla ratifica delle Camere ed alla ratifica, cosa ancora più grave, del Presidente della Repubblica, come previsto dall’articolo 87 della Costituzione stessa. In pratica, molte di queste basi, installazioni dello “Zio Tom” sono sorte al di fuori della conoscenza e dell’autorizzazione del Parlamento. Come già ricordato gli Yankees escono fuori dai loro confini per comandare e fare il loro comodo in altri paesi. È presumibile che operazioni più o meno segrete abbiano comportato in Italia la creazione di un numero enorme di basi ed insediamenti con la presenza di militari USA, ma fra questi solo alcuni sono stati sottoposti a verifica, in particolare solo quelli per i quali si prevedeva dovesse esservi uno scambio con un altro paese contraente e, conseguente ratifica. La verità è che alcuni trattati sono noti solo a livello governativo o, addirittura, dei servizi segreti. Pur di evitare che le Autorità venissero a conoscenza di questi accordi segreti, gli addetti ai lavori come al solito hanno preso strade non ortodosse diciamo così, inventando stratagemmi o sotterfugi. Uno fra i tanti, il concetti di“accordi in forma semplificata”, in pratica, che la conclusione dovrebbe spettare al governo per effetto di delega. In parole spicciole nella questione interviene il problema del segreto: si afferma in ultima istanza che tutto ciò che riguarda le basi è coperto dal segreto e da una non precisata riservatezza. In conclusione: le istituzioni tutte devono far ammenda e vergognasi, alla faccia della tanto decantata sovranità nazionale spettante al popolo. Ad oggi in Italia non esiste una distinzione tra una base USA ed una base NATO. È molto difficile determinare se e a quale titolo le basi, le infrastrutture, le installazioni presenti nel territorio italiano siano di fatto riconducibili alla NATO o siano legate ad accordi tra Italia e gli Stati Uniti. Tutte le installazioni, comunque a conti fatti, gestite dagli americani sono contemporaneamente comandi o infrastrutture sotto controllo NATO e delle forze armate statunitensi. Questo vero paradosso fa capire una cosa di non poco conto: chi dovrebbe esercitare la sovranità su queste installazioni, se gli statunitensi o gli italiani. Parlando di basi militari, abbiamo quattro tipi:

1)      Basi militari e infrastrutture concesse in uso agli USA, in base agli accordi segreti del 29 giugno 1951 e del 20 ottobre 1954. In base a tali accordi, le installazioni sono poste sotto comando italiano e i comandi USA detengono il controllo militare su equipaggiamento e operazioni. Ma questo solo in teoria e non in pratica da come si evince.

2)      Basi NATO, in base agli accordi dell’Alleanza Atlantica.

3)      Basi italiane “precettate” per l’assegnazione alla NATO, cioè messe a disposizione del blocco militare d’Oltre Oceano, in base agli accordi dell’Alleanza Atlantica.

4)      Basi miste (USA, NATO e Italia), in base agli accordi segreti come accennato e in base agli accordi dell’Alleanza Atlantica.

I COSTI DI MANTENIMENTO

Il “Report on Allied Contributions to the Common Defense”, il rapporto che fa riferimento ai contributi degli alleati alla difesa comune, dove possiamo estrapolare notizie riguardanti parla dell’esborso, in termini fiscali, che ogni anno l’Italia fa nei confronti degli Stati Uniti. Questo rapporto in sintesi dice che gli italiani pagano circa 400 milioni di euro per la sopravvivenza di queste basi, installazioni e personale interno presente nell’intero territorio nazionale.

Il  documento, consegnato nel marzo 2001 dal Segretario alla Difesa al Congresso degli Stati Uniti, dice inoltre che: “l’Italia e la Germania pagano, rispettivamente, il 37% l’Italia, e il 27% dei costi di stazionamento di queste strutture”. Nel 1999, il contributo versato dall’Italia agli U.S.A. è stato addirittura di 530 milioni di dollari, circa 480 milioni di euro. Nel 2002 l’Italia ha versato per le spese militari dello “Zio Tom” 326 milioni di dollari. Il documento pubblicato ad agosto 2001 “Nato Burdensharing After Enlargment”dal Congressional Budget Office, Ufficio per il Bilancio, del Congresso americano, fa capire meglio il metodo di prelievo furto vero e proprio adottato dagli USA, complici i governi italiani a danno dei cittadini di questo paese colonia in favore del nemico. Il metodo in questione  si chiama “burden-sharing”, condivisione del peso. In base a queste notizie una domanda sorge spontanea: cosa succederebbe se un governo decidesse, ipotesi remota vista la grande sudditanza agli Stati Uniti, di chiudere queste basi militari? Un Governo, senza condizionamenti vari, serio in base a quanto stabilito dalla Costituzione in materia di Sovranità Nazionale, deve difendere con i denti gli interessi nazionali dei suoi cittadini ed essere uno Stato sovrano, che purtroppo non è mai stato e questo è lo scandalo. Anche, caso remoto, in ottica chiusura delle basi militari, da alcuni documenti usciti su internet, l’Italia pagherebbe sempre e comunque la sua cambiale di sottomissione al nemico che ha in casa. In parole povere: vi abbiamo “liberato” e ora pagateci per il disturbo. Questa la vergogna degli accordi segreti bilaterali tra Italia ed U.S.A. a scapito dei cittadini che non sono liberi ma coloni di una nazione che decide, pretende che gli paghino indennizzi vari non dovuti. Ma tant’è: il Bel Paese è la colonia fatta ad uso e consumo dello straniero.

Davide Caluppi Agenzia Stampa Italia

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