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Egitto. H. R. Piccardo (Ucoii): “I mutamenti strutturali non sono mai semplici e in tempi brevi”
(ASI) “Preoccuparsi e operare per implementare misure e sistemi capaci di migliorare le condizioni sociali del popolo egiziano è impossibile senza colpire gli interessi occidentali e quelli della borghesia compradora, che hanno sempre sostenuto i regimi che si sono succeduti dalla morte di Nasser in poi”. A parlare è Hamza Roberto Piccardo, portavoce dell’Unione delle comunità islamiche in Italia (Ucoii), che Agenzia Stampa Italia ha contattato per fargli qualche domanda sulle ultime elezioni in Egitto. “Modificare la politica estera – continua Piccardo - specie rispetto alla questione israeliana, significa stravolgere l'attuale “equilibrio” geostrategico mediorientale. Tutto ciò è molto difficile ma non impossibile, per gradi e con molta saggezza, continuando a tener viva la mobilitazione popolare e realizzando alleanze strategiche con alcuni settori anche laici della società civile e politica”.

Mohamed Morsi dei Fratelli Musulmani è il nuovo Presidente egiziano. E’ solo un cambio di regime o è un mutamento strutturale che potrà portare benefici al popolo?

 

I mutamenti strutturali non sono mai semplici e in tempi brevi. Una cosa è eleggere un presidente, un'altra e modificare un sistema di potere consolidato e ancora in gran parte intoccato. Certamente un regime è finito e ancora un altro non si è consolidato ammesso che si possa consolidare. Ho scritto che ci sono due questioni cruciali sulle quali si misurerà non tanto la volontà di Morsi e del suo movimento, ma la possibilità reale del cambiamento: la giustizia sociale e la politica estera.

 

Lei in una nota ha scritto «l’esercito egiziano, inquadrato e pagato dagli USA dal '93 almeno, si sta mobilitando per far fronte ad eventuali disordini». Poi, subito dopo la notizia dell’esito delle elezioni scrive: «se potessi dare un consiglio al fratello Morsi gli direi di rendere pubblico l’accordo: gli egiziani che lo hanno votato hanno diritto di sapere cosa li aspetta». Di che accordo si tratta?

 

Mi sembra evidente che i "tempi lunghi" che sono stati adottati per la proclamazione del vincitore delle elezioni presidenziali siano stati un escamotage che doveva lasciare che la trattativa tra il Consiglio Militare e i Fratelli Musulmani procedesse. Sono certo che un accordo c'è stato, i suoi termini non sono stati resi pubblici e la mia era una richiesta retorica. Credo che l'agenda vertesse proprio sulle macro questioni economiche e sul rapporto con l'Occidente, inteso come USA/UE oltre che con Israele. E' certo che una delle sue clausole sia stata quella di non acclararlo ma ci sono molti modi di comunicare e se i segnali ci saranno sono certo che il popolo li coglierà e reagirà di conseguenza.

 

Morsi, nel discorso fatto a Piazza Tahrir, ha fatto un’apertura verso l’Iran. Un rapporto di collaborazione tra Egitto ed Iran, potrebbe essere molto importante negli equilibri geopolitici di tutta la regione. Cosa ne pensa?

 

Le ultime notizie dicono che Morsi abbia in qualche maniera smentito il fatto che questa apertura significhi tout court, una qualche alleanza con l'Iran. Ma come ho detto più sopra, ci sono molti modi di comunicare e spero che il Presidente eletto voglia realmente agire saggiamente nella fattispecie. Sono sempre stato convinto che ci sia una collusione oggettiva tra gli interessi “occidentali” e l'Iran. Ai primi serve uno spauracchio per le petromonarchie del Golfo, agli altri un conflitto mediatico che rafforzi la loro posizione interna.

 

Secondo lei, il nuovo Egitto, che rapporto avrà con l’Occidente?

 

Il nuovo Egitto deve ancora nascere. E durante la gravidanza non si può sapere se il nascituro godrà in seguito di buona salute o sarà gracile e bisognoso di assistenza. Se per Occidente intendiamo il sistema della globalizzazione finanziaria e gli interessi delle grandi multinazionali, un atteggiamento subalterno non farà che perpetuare ingiustizia, miseria e sottosviluppo. Un Egitto più forte che riprenda la sua funzione anche morale e culturale nel mondo arabo e musulmano, potrebbe invece avviare un percorso di risanamento interno e nell'intera regione. Magari in intento solidale con la Turchia.

 

La salita al potere dei Fratelli Musulmani quali benefici potrebbe portare alla questione palestinese e a Gaza in particolare?

 

Ho visto le immagini di Ismail Haniyeh che festeggiava i risultati egiziani portando un ritratto di Morsi. É indubbio che dalla caduta di Mubarak sono cambiate molte cose anche per Gaza. La Striscia è sempre sotto assedio, ma c'è assedio e assedio, e nella situazione attuale credo che neanche i più guerrafondai israeliani possano pensare ad un'altra “Piombo fuso” sul primo emirato islamico della storia contemporanea. La vittoria di Hamas, perché non credo che possa essere diversamente considerata la sua strenua resistenza, ha dato ai popoli arabi la certezza della possibilità della vittoria generale. Sono certo che il tempo lavora in tal senso. Le fasi potranno essere diverse e talvolta deludenti o addirittura tragiche, ma sono ottimista.

 

Cosa ne pensa di quello che sta succedendo in Siria e, più in generale, di quello che negli ultimi tempi sta accadendo in molti Paesi del Nord Africa?

 

In Siria è in atto uno scontro che coinvolge molti attori interni e internazionali. Ritengo che il regime sostanzialmente alawita, settario e minoritario, che opprime quel Paese da più di quarant'anni si sia macchiato di tanti e tali crimini contro il suo stesso popolo che non abbia più titolo e legittimità. Naturalmente non ignoro la posta in gioco per le forze regionale che si stanno scontrando nel Paese per interposti eserciti e milizie. Credo tuttavia che il punto di non ritorno sia oltrepassato e un'altra Siria vedrà la luce. Cosa sarà, al momento, non è dato sapere. Quanto agli accadimenti in corso dall'inverno del 2011, mi sembra evidente che l'esasperazione popolare fosse giunta al culmine e si sono favoriti alcuni cambi di regime favoriti agendo politicamente su quelle forze che avrebbero potuto reprimerli. Ciononostante si è trattato di rivolte vere e sentite che il movimento dei Fratelli Musulmani ha saputo pilotare con accortezza, ottenendo una legittimazione popolare in Tunisia e in Egitto. Discorso a parte la situazione in Libia ancora politicamente in preda a tragiche convulsioni interne, sottoposta ad un'occupazione militare straniera e quelle relative alle ultime due monarchie arabe. Quella marocchina ha giocato e d'anticipo, riformando la costituzione e permettendo al partito islamico l'accesso al potere; quella giordana in cui l'opposizione, per il momento, non ha interesse ad un cambiamento sostanziale, sperando che le mutate situazioni ai confini possa generarne uno il più indolore possibile.

 

In Siria, come è stato in Libia, ci sono ingerenze straniere e molti interessi strategici in gioco. Bashar al-Assad si è più volte aperto alle riforme, ma non ha trovato riscontro nell'opposizione. Perchè?

Credo che nelle risposte già date si ammettano e si stigmatizzano le ingerenze straniere, quanto al fatto che Bashar al-Assad si sia aperto alle riforme, mi consenta un dubbio radicale. Il suo sistema non è riformabile. Credo tuttavia che si possa trovare, con la componente alawita, un accordo che la garantisca nei suoi diritti religiosi e consuetudinari, ma non possono più pensare di mantenere il controllo sulle forze armate, sui servizi di sicurezza e sulle risorse del Paese. E questo Bashar al-Assad e i suoi, non potranno mai accettarlo.

 

Fabio Polese – Agenzia Stampa Italia

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